Apple non abbandonerà facilmente Intel, per produrre dei computer esclusivamente dotati di architettura ARM. La previsione lanciata ieri da Ming-Chi Kuo, uno degli analisti più credibili sul conto della mela morsicata, ha fatto letteralmente il giro del mondo. Ma non tutti gli esperti sono convinti si tratti di uno scenario possibile o, addirittura, futuribile. Per quale motivo?
La notizia non ha bisogno di molte presentazioni: l’analista di KGI Securities ha annunciato il progressivo allontanamento di Apple da Intel, per la produzione entro il 2016 dei primi desktop e laptop con architettura ARM. Una simile scelta permetterebbe al colosso californiano di programmare al meglio le proprie presentazioni, senza attendere i ritardi del chipmaker come nel caso dei processori Broadwell, nonché garantirebbe una grande libertà sia in termini di progettazione hardware che di evoluzione software. Eppure Kuo, almeno in questo frangente, potrebbe essersi sbagliato.
A farsi portavoce dei detrattori della teoria ARM è Cult Of Mac, una delle poche testate che ha deciso di opporsi apertamente a questo scenario. Secondo il magazine, per quanto Kuo sia affidabile, nella sua storia esistono anche dei fallimenti predittivi, come nel caso di un tasto home completamente riprogrammabile dall’utente, annunciato con una decisa certezza per iPhone 6. Non essendo però una battaglia contro l’analista, quanto una considerazione su uno scenario produttivo incerto, la trattazione non può di certo concentrarsi sulla media ponderata delle previsioni azzeccate e quelle, invece, fallite. Vi sarebbero altre questioni più fondate a sollevare legittimi dubbi.
Il primo fattore è quello della potenza. Del possibile passaggio di Apple da Intel ad ARM, con la produzione di chip personalizzati della serie “A”, se ne parla ormai a cadenza mensile da due anni a questa parte. La teoria è davvero affascinante, nonché appare come la naturale evoluzione di quell’impegno ingegneristico che la Mela ha concesso ai device iOS. Eppure un tassello mancherebbe in questo quadro: quello della capacità di calcolo. Le tecnologie ARM oggi disponibili, e probabilmente quelle del prossimo biennio, per quanto avanzate non possono ancora essere paragonate a un canonico processore per desktop. Nati per il mobile, questi chip non sarebbero ancora pienamente pronti per sostituire in toto Intel, sebbene altri produttori e altri sistemi operativi già esistano in versione ARM. Basti pensare all’universo Windows, dove però la piattaforma alternativa è comunque relegata a prodotti portatili, come tablet o dispositivi ibridi. Sebbene Kuo abbia paragonato l’odierna seria A8 agli Atom del 2008 e ai Core i3, così sulla carta così non pare essere, poiché questi ultimi possono raggiungere frequenze da 2,5 Ghz che i chip mobile stentano a raggiungere.
Il secondo fattore è quello dell’opportunità. Nel 2005 Apple ha potuto permettersi di passare dai PPC agli Intel, sia per questioni d’urgenza che di diffusione sul mercato. Il Mac rimaneva un prodotto di forte nicchia e, non ultimo, il nugolo di software disponibili risultava limitato. Oggi invece, pur possedendo uno share di mercato ridotto, vi sono milioni di esemplari sparsi in tutto il mondo, nonché un universo di software praticamente sterminato. Se si considera come la linea MacBook sia la più venduta fra i laptop e come, fatta eccezione per i videogiochi, i software disponibili sono del tutto sovrapponibili a quelli del rivale Windows, un cambio in corsa genererebbe caos. Quanti sviluppatori sarebbero pronti a modificare le loro applicazioni per la nuova piattaforme? E in quanto tempo? In definitiva, la transizione ad ARM forse si farà, ma non nel breve e brevissimo periodo.