Una corta turca ha ordinato a Facebook di andare a bloccare alcune pagine del social network colpevoli di contenere presunti insulti contro il Profeta Maometto, minacciando il social network di oscuramento dall’intero Paese se non eseguirà quanto richiesto. L’ordinanza del tribunale di domenica scorsa è stata emessa dietro esplicita richiesta di un Pubblico Ministero con la motivazione che le immagini offendono la sensibilità della popolazione a maggioranza mussulmana ed arriva a poca distanza da un’altra sentenza simile in cui è stato richiesto l’oscuramento di un sito in cui erano presenti le immagini satiriche del giornale francese Charlie Hebdo.
La Turchia è ancora una volta protagonista di un comportamento molto borderline sulla gestione delle informazioni che circolano nel Paese sempre con il fine di tentare di controllare tutto quanto è condiviso in rete e può avere attinenza con i fatti nazionali. Non è un segreto, infatti, che i social network, in particolare, siano da sempre una spina nel fianco del Governo turco e che siano utilizzati dai rivali politici e dagli oppositori per diffondere materiale non gradito all’attuale maggioranza. Il Governo turco, infatti, si sta dimostrando sempre più duro con internet ed i social network. L’anno scorso, per esempio, il Governo turco ha oscurato Twitter per 2 settimane con l’accusa che all’interno del social network erano state diffuse informazioni contro il Primo Ministro. Oppure, ancora più di recente, la Turchia aveva chiesto la rimozione di un account di un giornale locale, sempre su Twitter, reo di aver diffuso materiale non gradito alle autorità.
Inoltre, il Governo starebbe anche studiando nuove norme che permetterebbero di avere un maggiore controllo sul web andando a bloccare un sito internet senza il benestare del tribunale.
Facebook non si è ancora sbilanciato sulle richieste del tribunale turco, tuttavia ad inizio mese, dopo i fatti di Parigi, Mark Zuckerberg aveva dichiarato che il social network non avrebbe mai offerto nessuna forma di censura e che non avrebbe mai permesso che un Paese o un gruppo di persone possano decidere cosa si posa condividere e cosa no.
Una linea ben precisa, quella del CEO di Facebook che va però un pò a stridere con i fatti. In un suo recente rapporto, il social network ha sottolineato come le richieste di censura da parte dei Governi siano aumentate del 19% rispetto ai primi sei mesi del 2014 e che per quanto riguarda la Turchia sono stati rimossi 1893 “pezzi di contenuto”.