Su una cosa sono tutti d’accordo: il nome è l’ultimo dei problemi, ma il primo a farsi notare. VeryBello, il portale di eventi culturali realizzato dal Mibact per l’Expo di Milano, è diventato un caso. Esploso sui social per il suo nome un po’ alla little Italy, è in realtà un ottimo esempio di come non si realizza un sito web (neppure in beta) quando si hanno tutti gli occhi puntati addosso: il Ministero è riuscito a farsi cogliere in flagrante su accessibilità, registrazione del dominio, sulle versioni in lingua. E anche sulla trasparenza.
E dire che il Ministro Dario Franceschini sembra davvero crederci, almeno stando alle parole entusiaste della presentazione alla stampa, che sottolineano come il sito web raccolga già 1300 eventi in tutta Italia programmati da maggio a ottobre, divisi in dodici categorie; Festival, Cinema, Musica e Concerti, Teatro, Mostre, Danza, Feste Tradizionali, Itinerari Turistici, Libri, Bambini, Opera: visitando il sito e selezionando interessi e periodo cronologico, verybello.it restituisce una serie di schede informative come microcontenuti, una mappa e un link alle fonti originali. Di per sé una buona idea, anche utile. Allora perché tanta ferocia su Twitter, dove in 24 ore l’hashtag #verybello ha aggregato 25 mila tweet, uno più critico dell’altro?
Quanti difetti
I problemi sono evidenti a tutti coloro che sanno un po’ di site-building. VeryBello è un comune sito basato su un database che aggrega un quantità molto alta di informazioni minime sugli eventi. Testi, link e geotag, suddivisi in alcune categorie. Nonostante la semplicità del suo obiettivo, il design del sito ha delle gravissime lacune, alcune delle quali – dicono dal ministero – verranno risolte in corso d’opera, altre invece sono imperdonabili. Perdipiù dagli ambienti del laboratorio del turismo digitale si alzano i mugugni per un’operazione che replica goffamente un compito di coordinamento e apertura dei database regionali che sarebbe spettato a persone già coinvolte in progettazioni simili.
Se infatti il sito potrà facilmente essere tradotto nelle diverse lingue del mondo (attualmente è in italiano, cioè la lingua meno utile al suo scopo, e da ieri anche in inglese), la mancanza di un’applicazione mobile, una versione che non considera l’ottimizzazione per alcuni browser e l’assenza di una versione per ipovedenti – richiesta da una legge dello Stato – comportano la bocciatura senza appello. Il sito non ha neppure un rimando alla policy su privacy e trattamento dati sensibili, altro obbligo di legge.
Il digital champion Riccardo Luna – che ha appena presentato un sito di Q&A frutto della collaborazione con Telecom – ha evidenziato che questo caso sembra ignorare la presenza di competenze diffuse vicine o addirittura all’interno del governo, da Barberis a Quintarelli e naturalmente la stessa associazione dei campioni digitali, che si mette a disposizione.
#VeryBello come trasformare una disfatta in una opportunità – alcune proposte costruttive per @dariofrance http://t.co/iUomJunsqb
— Riccardo Luna (@RiccardoLuna) January 25, 2015
Le indiscrezioni sui costi
Un altro brutto episodio è la scarsa trasparenza sui costi. Dal sito infatti non si riesce neanche a capire chi l’ha realizzato (è una web agency, Lola), come abbia avuto l’incarico e quanto è costato. Si conosce soltanto, perché l’hanno scritto alcuni giornali, il capitolo di spesa per la comunicazione del Ministero messo a disposizione del progetto Expo: cinque milioni di euro. Una cifra monstre che fa ripensare automaticamente a quel che fu Italia.it e che ovviamente non può avere a che fare con la sola costruzione di Verybello. I bene informati sostengono sia costato circa 40 mila euro, una cifra che sarebbe sembrata ragionevole se il sito non avesse presentato tanti difetti all’origine.
Nessuna risposta
Mancano ancora, ma è lunedì mattina, delle risposte da parte del ministero. Anche lo stesso account Twitter di VeryBello è privo di vita. Conta 2.298 follower ma nessun following né attività. Un deserto comunicativo che fa gioco a tutte le critiche, anche quelle meno costruttive, inspiegabile dato che si sta parlando essenzialmente proprio di comunicazione. Un altro aspetto sconfortante di tutta questa vicenda che, a maggior ragione, non finisce qui. Le parole del ministro che rinfaccia l’alto numero di accessi suonano come quelle del pugile che dopo averne prese tante si difende affermando che a un certo punto del match l’avversario si era preso un colpo. Credeva fosse morto.
In 6 ore 500.000 accessi a http://t.co/CjBDPOEGxp ! Come speravamo grande pubblicità da ironie, critiche e cattiverie sul web… Verygrazie!
— Dario Franceschini (@dariofrance) January 24, 2015