Lo streaming musicale piace agli italiani, molto. È quanto emerge dalle statistiche ufficiali diffuse da FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) in merito all’andamento del mercato discografico nel nostro paese, che fotografa un trend positivo anche per il 2014, dopo aver rilevato una crescita nel periodo gennaio-giugno e ancor prima nel 2013, dopo ben undici anni consecutivi di calo.
I dati, certificati da Deloitte, mostrano un incremento complessivo pari al 4%, con un fatturato in aumento per 122 milioni di euro. È soprattutto il digitale ad aver innescato la tendenza, arrivando a rappresentare il 38% del business totale, in forte crescita rispetto al 32% di fine 2013. Servizi come TIMmusic, Google Play Music, Spotify, Deezer, YouTube e VEVO hanno fatto registrare una vera e propria impennata, pari a circa l’80%. Entrando più nel dettaglio, le formule d’accesso ai servizi finanziate da inserzioni pubblicitarie (ovvero quelle free) hanno aumentato gli introiti dell’84%, mentre quelli in abbonamento (a pagamento) dell’82%.
Focalizzando l’attenzione esclusivamente sul digitale, lo streaming sorpassa il download, raggiungendo il 57% del mercato contro il 43% dei brani acquistati e scaricati (-15% nel 2014). Gli utenti preferiscono dunque sempre più fruire della musica anziché averne possesso, optando per la possibilità di ascoltare un catalogo composto da milioni di tracce quando lo desiderano piuttosto che di comprarne solo alcune e tenerle nei propri dispositivi.
Ancora, nel 2013 lo streaming rappresentava il 12% del mercato totale, oggi è arrivato al 22% quasi raddoppiando la sua quota. A calare è invece il supporto fisico, ovvero CD e vinili, che resta comunque ancorato al 62% del market share. È inoltre interessante notare come, tra i due formati, il vinile stia progressivamente tornando a stuzzicare collezionisti e audiofili, con un +84% registrato in un solo anno, pur costituendo sempre un fenomeno di nicchia con il 3% del mercato.