Black list dei siti inneggianti al terrorismo. Punita anche l’istigazione e l’apologia del terrorismo. Ma nessuno potrà spegnere un sito senza l’autorizzazione di un giudice. Parola del ministro Angelino Alfano, che ha presentato in conferenza stampa il decreto legge che per reagire all’Isis vara anche una stretta sul web, e considera l’attività in rete come aggravante.
Il tempo per attraversare le Alpi è stato breve, come previsto. Dopo il decreto francese ecco quello italiano. In apparenza più garantista, ma in sostanza, nel cercare di tamponare la cyber jihad, pone gli stessi problemi. Il ministro Alfano si dice però sicuro della qualità del testo e ha esordito in conferenza stampa ricordando che questo sarà il primo decreto firmato dal neo Presidente Mattarella, che «nel suo discorso ha dedicato ampio spazio al tema del terrorismo internazionale, ricordando che lo Stato deve assicurare il diritto a una vita serena e libera dalla paura».
#Alfano "procederemo all'oscuramento siti sospettati di appoggiare attività terroristiche, sotto l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria"
— Voci di Palazzo (@VocidiPalazzo) February 10, 2015
Cosa dispone il decreto per il web
Non è ancora stato possibile leggere il testo, per ora ci sono le dichiarazioni del titolare del Viminale che però pesano molto visto che sembra proprio sarà la struttura dalla quale partirà la procedura di oscuramento dei siti. La differenza con lo stile francese, più esplicito nel saltare a piè pari l’ok di un giudice, è che nel caso del decreto italiano si creeranno black list di siti «sospettati», saranno indicati al giudice e poi si provvederà alla richiesta ai provider.
In questo meccanismo ci sono due giunture. La prima è l’elenco dei siti, probabilmente a carico del Cnaipic, il Centro Nazionale Anticrimine Informatico (in Francia è l’Ufficio centrale per la lotta contro la criminalità connessa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione); la seconda è il passaggio giudice-provider, che in Francia viene saltato.
Le stesse criticità
Se si intendono perseguire reati opinabili come apologia ed istigazione al terrorismo con le stesse modalità del contrasto alla pedopornografia e con le liste consegnate al giudice da ufficiali di polizia (tra l’altro con una aggravante per l’autoaddestramento via web rispetto alle pene previste che vanno dai 5 ai 10 anni per i “lupi solitari”), è più che probabile che si procederà quasi d’ufficio dato che assai difficilmente un giudice può avere tempo e opportunità per controllare queste segnalazioni sospette.
Allo stato attuale il governo sembra aver emanato un decreto antiterrorismo affatto simile nello spirito a quello dei cugini d’oltralpe, con le debolezze più volte evidenziate: l’inefficacia dei blocchi Dns e il rischio di comprimere spazi di libertà di espressione senza ottenere risultati apprezzabili in sicurezza per la popolazione.