La funzionalità integrata in Waze (applicazione acquisita da Google nel 2013) per segnalare agli altri utenti la posizione dei posti di blocco e degli autovelox, non piace agli agenti di polizia. Dell’argomento si è già parlato nelle scorse settimane, con le accuse mosse nei confronti di bigG da parte di alcuni esponenti delle forze dell’ordine. A quanto pare, siccome fin qui nulla è cambiato, qualcuno dalle parole ha deciso di passare ai fatti.
Giunge oggi da Miami la segnalazione di un vero e proprio attacco al database dell’app da parte delle forze di polizia locali. Si parla di agenti impegnati a caricare segnalazioni fasulle, con il solo obiettivo di confondere l’utenza e rendere meno efficace la funzionalità offerta da Waze. Ecco quanto riporta la stampa locale.
Centinaia di agenti nell’area di Miami hanno scaricato l’applicazione, che permette agli utenti di fornire informazioni in tempo reale sul traffico e di identificare le zone in cui la polizia sta effettuando controlli sulla velocità. La redazione locale della NBC dichiara che gli agenti stanno inondando Waze con false segnalazioni relative alla loro attività, nel tentativo di rendere l’applicazione meno utile per gli utenti.
La tesi sostenuta dalle forze dell’ordine è sempre la stessa: condividere pubblicamente e apertamente la posizione degli agenti ne mette a rischio l’incolumità, poiché un individuo con intenzioni malevole potrebbe raggiungerli e commettere un crimine.
Secondo il sergente Javier Ortiz, presidente del Miami Fraternal Order of Police, rivelare la posizione degli agenti li mette a rischio, creando potenziali pericoli per tutti, perché può provocare un numero maggiore di incontri mortali tra le forze dell’ordine e i sospettati.
Senza entrare nel merito della questione per valutare la fondatezza dell’accusa, risulta impossibile non pensare che uno dei fini della protesta sia quello di impedire agli automobilisti di rallentare in prossimità di un controllo, evitando così di incappare in una multa salata. In altre parole, c’è chi sostiene che dietro l’azione di disturbo della polizia statunitense ci sia esclusivamente la volontà di continuare a far cassa, rendendo inefficace un’applicazione che invece finisce col tutelare il portafoglio dei cittadini.
La strategia messa in campo contro il software di Google è però destinata a rivelarsi inconcludente per due motivi. Innanzitutto il sistema di Waze prevede il ban di quegli utenti che condividono ripetutamente informazioni errate, garantendo così l’affidabilità del servizio. In seconda istanza, l’obiettivo principale dei controlli stradali dovrebbe essere quello di spingere i conducenti a rispettare i limiti di velocità fungendo da deterrente e non generare introiti per le casse municipali: in questo modo le forze dell’ordine coinvolte nell’iniziativa ignorano completamente il potenziale di Waze come strumento di prevenzione degli incidenti, vera finalità della feature.