Ieri alla commissione Infrastrutture di Regione Lombardia non si erano mai visti tanti flash di fotografi. Il motivo era l’audizione della country manager di Uber, Benedetta Arese Lucini, arrivata per discutere della proposta di legge che, unica in Italia, si propone di risolvere la confusione ingenerata dalle piattaforme di sharing sul servizio di trasporto pubblico locale, e questo senza attendere una razionalizzazione nazionale. La proposta è firmata dal consigliere Riccardo De Corato, dietro le righe c’è una evidente intenzione: bloccare gli NCC che usano l’applicazione.
In Regione si sta discutendo già da tempo della proposta di legge 187 contenente “Disposizioni per la razionalizzazione dell’utilizzo delle nuove tecnologie al fine di agevolare l’incontro tra domanda e offerta di servizi di trasporto pubblico locale non di linea”, il primo caso in cui un legislatore locale si propone di disciplinare il trasporto secondo i forti cambiamenti indotti dall’evoluzione tecnologica. Un tentativo che si basa su un’idea di competenza che però non vede d’accordo l’opposizione – ma non tutta – e che soprattutto si fa notare per la diabolica intenzione di usare la tecnologia contro sé stessa. Come? Intervenendo sulla questione dell’autorimessa – prevista dalle norme mai applicate della legge del 1992 poi sospesa da quella del 2008 – per le auto a noleggio con conducente utilizzando la geolocalizzazione e la pec per impedire all’atto pratico un prodotto come Uber Black.
La legge prevede:
La prenotazione dei servizi di noleggio con conducente dovrà comunque pervenire all’operatore nella rimessa indicata nell’autorizzazione. L’operatore dovrà conservare prova delle singole prenotazioni (con dimostrazione attraverso strumenti di geolocalizzazione del veicolo e mezzi di certificazione ivi inclusa la posta elettronica certificata).
Le osservazioni legislative
Non si è certo parlato soltanto di questo nell’audizione, anzi, si è parlato soprattutto di Expo (sette milioni di stranieri previsti che useranno taxi e servizi di noleggio e car sharing) e del rapporto sempre difficile tra Uber e tassisti, nonostante la manager abbia ribadito anche in occasione dell’audizione di voler dialogare con loro. Certamente però bisogna capire quale sia la reale concretezza della legge regionale rispetto alle competenze nazionali. Il parere della gm di Uber è che le regioni non possano legiferare così drasticamente sul settore, perché l’inquadramento legislativo nazionale non lo consente ed è di competenza superiore.
A sorreggere questa tesi ci sono le Osservazioni dell’ufficio legislativo della regione, che mettono in forte dubbio alcune premesse della legge De Corato. La legge 21/1992, alla quale sempre si appellano i tassisti, è stata oggetto di profonde modifiche ad opera dell’art. 29 della legge 207/2008 convertita l’anno successivo e la cui efficacia è stata però sospesa a seguito di successivi molteplici interventi normativi che hanno portato alla fine a demandare la disciplina ad un decreto interministeriale da adottare in conferenza Stato-Regioni entro il 31 dicembre 2015.
Uber Black sì, UberPop ci vogliono norme
Se il M5S, tramite le parole della consigliera Iolanda Nanni si dice poco persuaso delle argomentazioni di Uber e ritiene la legge 187 «una buona proposta per normare l’ingresso della tecnologia a tutela dei cittadini utenti», il Pd non la pensa affatto così per quanto riguarda Uber Black. Il segretario della commissione, Agostino Alloni, è stato molto chiaro sia nell’audizione che commentandola poi su Facebook:
La legge De Corato è una vergogna. L’attività di Uber Black è legittima, quella Uber Pop invece necessita di un adeguamento legislativo, essendo car pooling ma attraverso intermediazione e questo secondo noi non è consentito dalla legge, ad oggi.
Uber: siamo indipendenti
Perché si può ritenere che la legge regionale lombarda sia una legge sbagliata? Per due ragioni, intrecciate. La prima è che nella competenza regionale sul trasporto pubblico locale è precluso al legislatore dettare disposizioni che possono interferire con materie rientranti la libera concorrenza. La stessa materia che doveva essere compresa nel disegno di legge sulla concorrenza approvato qualche tempo fa dal Consiglio dei ministri, dove però all’ultimo minuto è saltata la liberalizzazione del mercato taxi-Ncc. Il punto di vista di Uber, persino ovvio, è che non si vede come si possa accettare al contempo una presa in carico del governo della questione – anche se rimandata – e poi pensare che ogni regione vada per conto suo.
#Concorrenza. Ma bene, anche le norme di liberalizzazioni degli NCC son saltate su richiesta di Ncd: poi dicono che è Renzi il fanfaniano..
— Oscar Giannino (@OGiannino) February 20, 2015
La seconda ragione è di premessa: Uber ritiene in quanto piattaforma tecnologica di essere indipendente rispetto al trasporto pubblico classicamente inteso. L’applicazione non è una compagnia di trasporto, non dispone di un parco macchine. Sono gli Ncc a utilizzare l’applicazione. Nonostante questo ben volentieri offre la propria collaborazione, come dichiarato all’uscita dell’audizione:
Siamo felici di essere stati chiamati in audizione oggi. Anche se Uber è una piattaforma tecnologica, e come tale indipendente rispetto a leggi che regolano il trasporto, sicuramente può collaborare per rendere più efficiente la mobilità cittadina. Inoltre come tecnologia inclusiva Uber è sempre aperta e disponibile a collaborare con tutti gli operatori del settore.