Al Mobile World Congress tenutosi da poco a Barcellona è emerso che entro i prossimi tre anni chi non riuscirà a fare il salto nel mondo dei Big Data, capendo al meglio come poterli sfruttare, sarà fuori dal mercato. Compreso quello del turismo. Pensando a questo terzetto – big data, turismo, Italia – diventa obbligato il riferimento a Travel Appeal, una startup incubata ad H-Farm che elabora conversazioni, recensioni e contenuti prodotti dai gestori con un algoritmo che produce un indice di qualità percepita dai turisti. Un loro report dà però una brutta notizia: i voti in Italia sono mediamente bassi e quelli per Milano ancora peggio. E tutto a un mese e mezzo da Expo 2015.
Il Travel Appeal Index ha fatto molto parlare di sé: la società di Mirko Lalli sta sviluppando una metodologia e un motore Big Data che ha la finalità di misurare, monitorare, mappare tutte le dimensioni che definiscono l’appeal di una destinazione (con tecnologia semantica sviluppata in Italia) per verificare in tempo reale tutti i fattori che concorrono alla costruzione dell’immagine digitale del territorio o di una specifica struttura. Per questo è considerata una delle più promettenti aziende italiane: il suo strumento, oltre ad essere innovativo, sostiene il marketing territoriale. Evidenziando i punti di forza e criticità di una impresa, ma anche di una destinazione in sé, è alla base di svariati prodotti per l’analisi e il monitoraggio della reputazione sul web di strutture ricettive, città, regioni e territori.
"I sette (+1) peccati capitali dell'albergatore", il primo ebook di @travelappeal https://t.co/7D4bWMeQzK pic.twitter.com/IHFQnfxtL8
— Mirko Lalli (@mkl) February 25, 2015
Il reputation management per enti locali, alberghi e catene, consorzi turistici, tour operator, agenzie di viaggio, olta, produttori enogastronomici, locali e ristoranti, operatori culturali, è appena iniziato. Ma se Milano – inteso come sistema – ne tenesse conto, oggi arriverebbe alla conclusione di non essere pronta per Expo 2015. Lo dice un report di analisi dei sentiment che mette a confronto dieci città italiane e che desta parecchia preoccupazione, anche se i dati vanno interpretati.
Perché voti così bassi alla città di Expo
I voti bassi di Milano possono sembrare strani, persino sbagliati, ma è lo stesso Mirko Lalli, fondatore di Travel Appeal, a commentarli. Occasione per una riflessione sulll’attrattiva turistica italiana vista con la lente della Rete.
Per confrontare dieci città turistiche italiane avete analizzato 82.000 strutture, 3 milioni di recensioni, 8 milioni di giudizi e quasi 90.000 conversazioni sui social. Il risultato?
La reputazione delle strutture e delle qualità ricettive italiane sembra essere abbastanza bassa, ovunque.
Spiegazioni?
Sarebbe molto lungo e complesso e poi ogni territorio ha le sue criticità. Posso però fare un esempio: è stato dimostrato che in più della meta dei casi quando i turisti anglosassoni scoprono che la struttura in cui pensano di farsi ospitare non ha il wi-fi oppure è a pagamento non prenotano il viaggio e scelgono altre destinazioni. In Italia c’è un grosso problema di ricezione turistica tecnologica. Lo dico con una metafora forte: se metti il wi-fi extra è come dire che in albergo c’è l’acqua fredda gratis e se la vuoi calda devi pagare qualcosa di più.
Possibile però che il sud mostri voti migliori?
In questo caso entra in campo il fattore umano. L’algoritmo dà il 25% del peso alle conversazioni, un altro quarto alle recensioni – ad esempio quelle di Tripadvisor – e la restante metà a una cosa che guardiamo soltanto noi, cioè tutti i contenuti pubblicati dalla struttura ricettiva sul proprio sito internet, il blog e i social network. La valutazione di come sono costruiti e usati questi canali concorre alla costruzione dell’immagine turistica digitale. Quindi, se si considera da un lato l’aspettativa che i turisti hanno, magari più bassa in un albergo familiare del sud rispetto a un hotel business di Milano, e la capacità di costruire rapporti più caldi con la clientela, succede che la reputazione di Milano ne soffre.
Approfondendo i dati sostieni che c’entrano anche gli ospiti d’affari e il turismo consolidato. In che senso?
Nel senso che Milano ha un’abitudine consolidata con la clientela che viene in città per lavoro, meno con il turismo di massa. Il contrario di Firenze e Venezia, ad esempio. Succede però che in tutti i casi quando c’è una clientela che sai comunque verrà, fai poca innovazione, non ti preoccupi di essere “simpatico”, senti di non averne bisogno. Se io pensassi che non è un grave errore, non avrei fatto Travel Appeal. Credo che uno strumento che analizzi in tempo reale l’attrattiva di un territorio prendendo in considerazione i big data, mettendo in concorrenza le città, i territori, sia indispensabile per non rimanere esclusi da un turismo diverso, più esigente, più social, per il quale il nostro paese purtroppo non è del tutto pronto.