Potrebbe sembrare una grottesca chiatta galleggiante, invece è il frutto di una avanzata ricerca di matrice italiana avente lo scopo di dimostrare come sia possibile un modo nuovo di coltivare senza dispiego di risorse e senza occupazione di suolo. Il progetto prende il nome di Jellyfish Barge, sarà in mostra in occasione di Expo 2015 ed è già stato inserito tra i finalisti del premio delle Nazioni Unite “UNECE Ideas for Change Award”.
Il concept, lungi dal voler dimostrare efficacia economica o modelli di business, è soprattutto un concentrato di innovazione indirizzata al miglior dispiego delle risorse prime. Lo spreco è messo al bando e nuovi modelli di consumo e coltivazione sono messi al servizio di un progetto che la regione Toscana intende proporre come propria libera interpretazione del tema dell’Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
«Jellyfish Barge è un sistema in grado di produrre alimenti senza il consumo del suolo, di acqua dolce e di energia chimica»: un basamento in legno da 70mq, la cui galleggiabilità è facilitata dall’uso di fusti in plastica riciclata, sostiene la serra in vetro soprastante. All’interno della sera è disponibile un sistema di coltivazione idroponica (in grado di garantire un risparmio del 70% dell’acqua consumata rispetto alle colture tradizionali) e l’alimentazione energetica per il funzionamento del tutto è garantita dall’azione congiunta di fotovoltaico, mini turbine eoliche e un sistema integrato che sfrutta il moto ondoso del corso d’acqua per produrre elettricità. Grazie all’attrezzatura di bordo, Jellyfish Barge è in grado addirittura di trasformare acqua salmastra in acqua pulita (fino a 150 litri al giorno), potendo così attingere a fonti normalmente non utilizzabili per consentire la debita crescita delle coltivazioni tramite la micro-irrorazione prevista dalla filosofia idroponica.
Il progetto, realizzato dall’Università di Firenze con contributo della Regione Toscana, «rappresenta un esempio di quello che la ricerca può portare in termini di innovazione, ma anche di sostenibilità e partendo da materiali di recupero».