L’immagine di apertura non è un dipinto. Può essere definita un’opera, ma non creata con pennello e tavolozza. È uno degli esempi scelti da Google per spiegare come l’intelligenza artificiale e le reti neurali non rappresentino solo una minaccia, ma un’opportunità. Anche dal punto di vista artistico, grazie all’impiego di complessi algoritmi e di tecnologie legate all’analisi e all’elaborazione delle immagini.
L’approccio impiegato da bigG in fase creativa può essere riassunto in questo modo: il sistema analizza una fotografia, ad esempio di un cielo, identificando al suo interno quelli che potrebbero essere elementi reali appartenenti a quel contesto, come un uccello in volo. Anche se non visibile, questo viene “amplificato" fino a renderlo ben visibile, in evidenza (prima immagine di seguito). Il risultato strizza l’occhio allo stile impressionista, con opere generate in modo del tutto autonomo, senza alcun intervento da parte dell’uomo. A chi desidera approfondirne il funzionamento si consiglia la lettura del post condiviso dal gruppo di Mountain View sul blog dedicato alla ricerca.
Anche Facebook ha avviato un progetto simile, ma caratterizzato da un metodo differente. Il team Research del social network lo spiega in un documento. In questo caso sono due gli algoritmi ad essere impiegati: il primo genera immagini vettoriali random di piccole dimensioni, mentre il secondo le analizza alla ricerca di corrispondenze con elementi del mondo reale, identificando gli oggetti presenti in modo paragonabile a quanto succede ad un bambino durante la fase di apprendimento (si osserva la foto di un aereo e successivamente si è in grado di riconoscerne altri automaticamente). Secondo i responsabili, il risultato è tanto convincente da riuscire ad ingannare nel 40% dei casi. Al momento non è dato a sapere se e in che modo le due aziende intendono sfruttare le rispettive tecnologie integrandole in applicazioni o servizi.