Le comunicazioni Vehicle-to-Vehicle sono ormai nel mirino di case produttrici, istituzioni e di tutti gli stakeholder impegnati nello sviluppo di un nuovo modello di mobilità intelligente. Dagli Stati Uniti sembra arrivare ora l’accelerazione definitiva per arrivare al passaggio dalla teoria alla pratica, dall’idea al progetto e dalla scrivania alla strada. Ed è una mossa firmata dalla National Highway Traffic Safety Administration, la quale ha fissato la timeline: entro la fine dell’anno verrà sottoposto un piano d’azione per arrivare ad implementare nuovi sistemi di dialogo tra le automobili per portare il tutto a compimento entro il 2020.
Vehicle-to-Vehicle entro il 2020
Le comunicazioni Vehicle-to-Vehicle sono un tassello fondamentale per arrivare ad una mobilità di nuovo conio: consentire ai veicoli di interagire, infatti, significa dar vita ad un sistema ordinato nel quale i singoli elementi non sono soltanto entità indipendenti che assumono azioni autonome (basate sulle scelte dei conducenti), ma anche attori di una medesima scenografia ed in quanto tali compartecipanti della scena che va in azione. Due auto che dialogano, ad esempio, possono comunicare reciprocamente direzioni, deviazioni, frenate, ostacoli e molto altro ancora. Possono agire concertando le decisioni, insomma, rendendo vantaggio tanto ai singoli piloti quanto all’intera popolazione presente in un dato momento e in un dato punto della rete stradale.
L’obiettivo prioritario è la riduzione degli incidenti che avvengono sulle strade, aumentando così esponenzialmente la sicurezza della mobilità. Per far ciò occorre arrivare ad auto connesse in grado di comunicare, ma anche a sistemi in grado di coadiuvare le scelte dei guidatori (fino all’obiettivo della guida autonoma, che è in qualche modo la meta ultima della trasformazione attuale).
Sicurezza per sicurezza
Per arrivare ad una maggior sicurezza sulle strade occorre passare per la completa informatizzazione dei sistemi di bordo dei veicoli. Ciò implica però l’apertura di un fronte ulteriore: come è possibile agire per tenere i cracker fuori dalle auto, assicurando tanto i sistemi in-vehicle quanto le comunicazioni tra le autovetture?
Sul progetto stanno lavorando ormai da molti anni alcune tra le case produttrici più importanti al mondo, riunite sotto la sigla CAMP (Crash Avoidance Metrics Partnership). E la mission del gruppo è ben esplicitata dal responsabile Ford Michael Shulman, già program manager del Vehicle Safety Communications Consortium del CAMP:
Il nostro unico obiettivo per la sicurezza è lo sviluppo di un sistema che soddisfi i requisiti tecnici di sicurezza ed inoltre soddisfi gli obiettivi in termini di tutela della privacy. Altri sistemi PKI, come quelli in uso presso il Dipartimento della Difesa, non perseguono i medesimi parametri in termini di privacy.
Per PKI si intende “Public Key Infrastructure“, ossia una infrastruttura digitale a chiave pubblica che consente di certificare la sicurezza delle comunicazioni scambiate tra più entità (in questo caso tra veicoli, oppure tra veicoli e segnali stradali). Trattasi insomma del sistema di lucchetti necessario ad assicurare la piena sicurezza dei messaggi inviati e ricevuti, delle identità in ballo e di tutte le informazioni celate.
Quel che si sta cercando di realizzare, insomma, è un sistema estremamente ambizioso in grado di monitorare e comunicare la posizione dei veicoli fino a 10 volte al secondo, senza tuttavia lasciar adito a speculazioni su questo tipo di dati: il controllo dell’auto, della sua posizione, dei suoi spostamenti e quant’altro debbono rimanere al servizio dei sistemi di mobilità, devono garantire la segretezza al viaggiatore e debbono essere fruiti in termini estremamente rigidi. A differenza dei sistemi di sicurezza creati fino ad oggi, l’industria dell’automotive intende però fare un passo fondamentale in avanti: garantire gli utenti come priorità funzionale irrinunciabile, poiché soltanto così diviene possibile un progetto
La crittografia ai massimi livelli e la piena trasparenza delle procedure acquisite dovrà garantire la piena salubrità dei sistemi utilizzati. E non si tratta di un obiettivo negoziabile: se il sistema che controlla le comunicazioni tra i veicoli fosse vulnerabile, l’intera mobilità potrebbe andare sotto il controllo di malintenzionati creando situazioni di grave pericolo per le persone.
Una volta a regime, il sistema sarà tra i più sicuri e diffusi al mondo poiché coinvolgerà milioni di veicoli. Per poter realizzare tutto ciò occorre però investire anzitutto sui protocolli, affinché il linguaggio possa essere condiviso e le tecnologie ampiamente adottate dalle varie case automobilistiche. Il modello attuale è una sorta di derivazione del Wifi, con il quale veicoli in prossimità hanno la possibilità di interagire scambiando informazioni ad alta velocità per elaborarne quindi il significato e consentire “decisioni” immediate: una frenata potrebbe essere ad esempio molto più reattiva se fossero bypassati l’occhio e l’attenzione umani attraverso un filo diretto tra l’auto anteriore e l’auto posteriore.