Contestualmente all’annullamento delle tariffe di roaming a partire dal 2017, la Commissione Europea ha approvato un accordo che definisce nuove regole per la gestione delle reti Internet, il tutto nel nome di una Net Neutrality che il documento di presentazione definisce “pragmatica”. Se le parole hanno una loro importanza, dentro il pragmatismo di facciata dell’accordo si nasconde tutto e nulla: dentro una sola parola si celano gli entusiasmi di qualcuno ed i timori di altri, poiché la sensazione è che il passo avanti possa per certi versi anche essere un passo indietro.
Net Neutrality pragmatica
Le parole sono quelle di Günther H. Oettinger, commissario per l’economia e la società digitali:
Oggi accogliamo il cruciale accordo per porre fine alle tariffe di roaming e stabilire regole per una net neutrality pragmatica a livello europeo. Entrambe le cose sono essenziali per consumatori e professionisti nell’economia e nella società digitale europee. Costruiremo queste due importanti fondamenta nelle prossime revisioni delle leggi europee sulle telecomunicazioni in Europa.
La parola “pragmatica” si incastona tra “Net” e “Neutrality” creando una fessura che lascia molti dubbi e che ora toccherà alle variazioni legislative colmare in modo esaustivo. Quel che appare oggi, però , è un solido timore: che dietro al pragmatismo della proposta ci sia in realtà un forte compromesso che allontana l’idea della rete da quella di neutralità. Almeno in termini teorici e assoluti, una semplice eccezione alla regola trasforma la Net Neutrality in qualcosa di diverso. E la nascita di una rete a doppia corsia di scorrimento appare a questo punto una soluzione ineludibile, che la Commissione Europea mette nero su bianco nella propria comunicazione pubblica.
Il comunicato parla di “open Internet“, spiegando che rimangono fermi ed inattaccabili alcuni principi base:
- l’accesso ai contenuti rimarrà libero;
- nessun provider potrà bloccare o rallentare l’accesso a specifici servizi;
- non va adottato alcun sistema di prioritizzazione dei pacchetti, così che ogni bit sia democraticamente uguale ad un altro;
- nessun intermediario ha il diritto di chiedere fee aggiuntive per l’accesso a contenuti o servizi online;
- nessun gatekeeper può decidere a cosa si possa accedere e a cosa no.
Il lungo preambolo cambia senso di marcia a termine comunicazione:
In parallelo, i provider potranno offrire servizi specializzati di alta qualità, come Internet TV e nuove applicazioni innovative, nella misura in cui questi servizi non gravino sulla qualità della open Internet.
La direttiva apre insomma a qualcosa di nuovo e indefinito: la possibilità da parte dei provider di offrire dei canali preferenziali che non vadano però a intaccare la qualità dei servizi offerti per la normale navigazione online ed i tradizionali servizi veicolati dal Web. Si entra però in una zona paludosa ed estremamente indefinita: come sarà definito lo standard di servizio da garantire per certificare che i servizi “premium” non vadano a danno del servizio base, e come verrà definito il perimetro di quest’ultimo (soprattutto alla luce della costante e rapidissima evoluzione in atto)?
Tra le FAQ v’è un passaggio che indica una prima scelta di metodo relativamente alla necessità di vietare la prioritizzazione del traffico, affinché non vi sia competizione illecita tra i pacchetti di dati e vi sia piena democrazia di accesso alle reti da parte di qualsiasi contenuto o servizio. Nello specifico si fa riferimento alla possibilità di una gestione “ragionevole” del traffico day-to-day, purché indipendente dal punto di partenza e di arrivo dei bit in oggetto. Il testo ribadisce a più riprese come l’open Internet non sia un valore negoziabile, ma che possa essere affiancata nei prossimi anni da una gestione ad hoc della rete per l’offerta di servizi a valore aggiunto necessari per far funzionare al meglio idee innovative che richiedano massima qualità nelle comunicazioni
La capacità di rete è una risorsa finita?
A questo punto tutto verte su un semplice assunto iniziale sul quale occorre capirsi: la capacità delle reti è o non è una risorsa finita? Se lo è, ogni spiraglio offerto a un canale parallelo di comunicazione va giocoforza a danno della cosiddetta “open Internet”. Se non lo è, allora le possibilità di ampliamento e crescita sono tanto illimitate da non richiedere limiti. Siccome la seconda ipotesi è in questa fase tutto sommato illogica, le misure approvate possono soltanto essere viste nell’ottica di una rete futuribile, una chimera fatta di fibra ottica e grandissime capacità di trasferimento dei dati, tanto che la “open Internet” possa viaggiare negli spazi di idle tra un pacchetto e l’altro degli streaming musicali, video o delle telecomunicazioni.
Se i dubbi sono molti, al tempo stesso le rassicurazioni sono ridondanti e marmoree: l’UE vuol garantire un accesso del tutto democratico e libero alla Rete. Tuttavia, cede al pragmatismo per consentire spazi di crescita e di investimento alle aziende interessate. Per certi versi “pragmatismo” e “ragionevolezza” sembrano poter essere il prezzo pagato alla Net Neutrality per arrivare ad una capacità di banda tale da sminuire l’idea odierna di rete, fatta di scarsità e di digital divide. Se così sarà, avrà avuto ragione chi oggi raccoglie con entusiasmo il voto della Commissione. Ma i timori obbligato a monitorare la situazione, perché quello scaturito da Bruxelles è un evidente compromesso che non può lasciar sereno chi teme che il principio della Net Neutrality possa essere irrimediabilmente macchiato dal peccato originale dell’interesse.