L’industria dell’automotive si sta interrogando ormai da tempo su quale sia la direzione che il mercato sta per intraprendere. Appare infatti sempre più evidente la prossima rivoluzione che coinvolgerà il settore, ma al tempo stesso non è ancora chiaro quali modelli di business possano essere cavalcati per passare indenni il cambio di regole che l’innovazione sta per riversare sui mezzi a quattro ruote.
Da mezzo a luogo
Il cuore del problema dal punto di vista filosofico è cosa sta succedendo all’auto: quello che era percepito come un mezzo di trasporto, infatti, presto diventerà mero luogo di trasporto. Quel che distingue il mezzo dal luogo, infatti, è il rapporto dialogico e interattivo con la persona: nel momento in cui l’uomo delega le funzioni di guida a sistemi intelligenti, abdica al proprio ruolo attivo e diventa semplicemente ospite di un abitacolo. Quest’ultimo, avendo soltanto funzione di protezione e spostamento, viene percepito come uno spazio da vivere e non come strumento da utilizzare.
Restando alla definizione, ciò che serve al trasferimento delle persone è un mezzo, mentre un luogo è un ambito spaziale, determinato fisicamente e psicologicamente. Anche l’automobile elettrica o quella a guida autonoma, appena scesa in strada, sono mezzi. Eppure la nuova condizione del conducente, sempre più ospite di un salotto tecnologico e sempre meno parte attiva dei movimenti dell’auto, fa pensare a un vero cambio di prospettiva.
Macchine simili in città intelligenti con leggi uguali
Anche la tecnologia c’entra, così come la sua armonizzazione. La rivoluzione tecnica dell’automotive parte dall’idea di realizzare piattaforme comuni per tutti gli standard. C’è la possibilità che una fetta del mercato automotive si distinguerà meno per le meccaniche sotto la livrea, i motori verranno costruiti da poche aziende nel mondo e tutto quando si giocherà nella capacità di produrre interfacce sempre più raffinate fra l’interno dell’abitacolo e l’esterno, in cui la persona godrà di servizi personalizzati dal costruttore in partnership coi fornitori di connettività e di applicazioni.
In un convegno tenutosi a Berlino, sono emerse alcune preoccupazioni da parte dei costruttori a proposito di un’automobile che violi la riservatezza e la tranquillità dei passeggeri. Il punto di vista di chi invece pensa di realizzare questo tipo di automobile, e sono perlopiù gli americani, è fin troppo ovvio: se l’esperienza della guida viene svuotata dall’autonomia della macchina, come occuperà il tempo la persona che vi è dentro? Perché non trasmettere anche contenuti personalizzati che sostengano i servizi stessi, esattamente come si fosse dentro un social network o un motore di ricerca?
Per riuscire a ottenere questo risultato è però necessario standardizzare molto altro rispetto a un motore ibrido o una batteria. Il sistema ideale funziona quando alla razionalizzazione della produzione industriale si associano norme uguali per la progettazione delle architetture indispensabili alle auto, e uguali in tutto il mondo anche sugli standard di sicurezza, i codici della strada, i carburanti. Insomma, auto sempre più uguali, con servizi diversi al loro interno, dal gratuito con pubblicità al più costoso con massima riservatezza e tranquillità per i professionisti; auto come luoghi iperconnessi in città che funzionano all’incirca alla stessa maniera a qualunque latitudine, auto che si muovono indifferentemente sulle strade come un sistema operativo open in qualunque smartphone connesso alle reti mobili.
Come il passeggero, anzi meglio
L’esperienza di viaggio in automobile si divide in due: l’esperienza del guidatore e quella del passeggero. Il primo ha responsabilità prima sul controllo del veicolo, il secondo è invece deresponsabilizzato e può semplicemente intrattenersi per far passare il tempo. A dividere guidatore e passeggero v’è il ruolo del primo: l’occhio sulla strada e le mani sul volante impongono una prossemica non adatta alle relazioni che vadano oltre la semplice chiacchierata.
Nel momento in cui il guidatore sarà deresponsabilizzato dagli oneri della guida, il veicolo sarà abitato da soli passeggeri. Si potranno avere rapporti interpersonali più approfonditi, ci si potrà guardare negli occhi e sarà possibile avere posture differenti da quella attenta e proattiva adottata oggi per massimizzare l’attenzione al volante. Il guidatore non solo diventa un secondo passeggero, ma l’assenza di responsabilità migliora anche le possibilità di scambio dialogico tra le persone migliorando in modo sostanziale l’esperienza di viaggio.
L’automobile come luogo
Ecco dunque il cambiamento. L’automobile del futuro che guida da sola, che aumenta la realtà del conducente, sarà sempre di più un luogo. Non si dirà più “vado con l’auto” ma “vado nell’auto” come esperienza di “trasferimento intrattenuto” mentre la macchina compie gran parte delle azioni necessarie per muoversi da un punto all’altro. Non sembrano esserci, allo stato attuale, molte opzioni: se si rinuncia all’interazione si trasforma l’auto in un non-luogo, neutro e a basso impatto sui sensi e l’apprendimento umani: modello che le case automobilistiche sono già in grado di realizzare proponendolo come servizio optional o compreso nel prezzo incentrato sul feeling con l’auto; se invece ci si pone il problema di riempire di contenuti l’esperienza del trasporto algoritmicamente guidato, le tech company della Silicon Valley (dove non a caso gran parte delle case automobilistiche hanno stabilito i loro centri ricerche) sono avvantaggiate due volte: hanno la tecnologia e hanno gli inserzionisti per non metterla in conto al conducente. Con ogni probabilità saranno le case automobilistiche più innovative a guidare questa evoluzione, aprendo alle software-house canali preferenziali sulle proprie piattaforme in-car.
La mutazione da mezzo a luogo cambia radicalmente la percezione del veicolo: con essa cambierà la domanda, ed a nuova domanda corrisponderà nuova offerta. L’auto a guida autonoma è destinata a liberare molto tempo, rimettendolo in circolazione per poterlo sfruttare a proprio piacimento come se si fosse su un mezzo pubblico, con il vantaggio di essere invece isolati all’interno di un mezzo privato. A ciò corrisponderà una moltiplicazione di servizi personali, alcuni dei quali di rango professionale, e il mercato scatenerà una guerra di marketing pur di conquistare lo spazio del veicolo.
Difficile, se non impossibile, che le migliori idee ed esperienze dell’automotive non trovino alla fine una sintesi: e quella sarà l’auto del futuro.