Dall’attivazione del modulo attraverso il quale chiedere la rimozione di indirizzi dal motore di ricerca, a Google sono state inoltrate richieste da parte di oltre 281.000 cittadini europei, riguardanti un totale superiore a 1,1 milioni di link. Di questi, 602.000 sono stati effettivamente cancellati: in altre parole, sono spariti dalle SERP (pagine dei risultati) mostrate quando i navigatori cercano informazioni o articoli su un determinato argomento o su una persona specifica.
Le nuove statistiche riportate dal Daily Mail parlano anche dei singoli paesi: dalla Francia, ad esempio, sono giunte in tredici mesi circa un quinto di tutte le richieste del vecchio continente, ovvero 197.000, accolte nel 52% dei casi. Molte meno dal Regno Unito: 35.390, per un totale di 138.576 link, accettate il 63% delle volte. Gran parte dei moduli compilati puntano a post condivisi sui social network o su siti d’appuntamenti. In testa c’è Facebook, seguito dalla piattaforma Profile Engine per trovare qualsiasi persona in Rete e da YouTube. Secondo il Daily Mail una parte non indifferente delle richieste è giunta anche da chi ha alle spalle un crimine, compresi omicidi, violenze sessuali e azioni etichettate come atti di terrorismo.
Va precisato che, nel caso in cui bigG decida di accogliere una richiesta di cancellazione, il link sparirebbe dalle pagine dei risultati ma rimarrebbe online sul sito che lo ospita. Si tratta di una pratica che dunque ha effetto esclusivamente sul motore di ricerca e non applicata ai siti d’informazione che riportano le notizie. Nelle scorse settimane si è parlato di come l’associazione statunitense Consumer Watchdog abbia inoltrato alla FTC (Federal Trade Commission) una richiesta formale finalizzata ad estendere l’applicazione del diritto all’oblio anche nel territorio degli Stati Uniti. Il CNIL (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés) francese, invece, chiede che gli effetti della cancellazione siano globali e non limitati alle versioni europee di Google.