A un anno esatto di distanza dalla prima riunione della commissione parlamentare sui diritti in Internet, è stata presentata alla sala del Mappamondo la versione definitiva del Bill of Rights, la dichiarazione di diritti che pone l’Italia tra le pochissime nazioni che cercano una via di spirito costituzionalista nella regolazione dei principi per un uso corretto e consapevole della rete.
Può una cosa come Internet sopportare le minuzie giuridiche? Ovviamente no, confessa Stefano Rodotà, a capo della commissione che ha redatto la bozza e ha firmato insieme al gruppo di lavoro questa versione definitiva frutto del percorso di cinque mesi di consultazione pubblica: 12 sedute, 6 audizioni (con 46 persone) e 590 opinioni. Una carta che ambisce a durare ma non è scritta sulla pietra, fatta di princìpi di prospettiva per aiutare chi nei prossimi anni dovrà produrre decisioni.
La carta non ha rango giuridico, ma è uno strumento di discussione e se sarà certamente utile per la politica sarà utile anche al cittadino per segnalare come eventuali decisioni siano vicine o meno allo spirito di questo testo. I processi giuridici avvengono lentamente anche coi processi culturali.
S.#Rodotà "Il #BillOfRights è nel solco del costituzionalismo: principi che mirano a tutelare i diritti fondamentali dei cittadini in Rete"
— Camera dei deputati (@Montecitorio) July 28, 2015
La presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha sottolineato durante la conferenza stampa (video) come per la prima volta un atto di natura parlamentare è stato sottoposto a una consultazione pubblica, peraltro nei confronti di un comitato composto da deputati e specialisti dalle diverse sensibilità, che si sono confrontate fino a trovare il giusto compromesso. Due le notizie date dalla Boldrini: la carta dei diritti sarà oggetto di una mozione unitaria e verrà presentata al prossimo Internet Governance Forum in Brasile.
Abbiamo affermato i diritti del soggetto digitale. Mi limito a citare gli articoli 2 e 3 su accesso e conoscenza. Articoli modificati anche facendo tesoro delle osservazioni ricevute.
Obiettivo internet #billofrights è impegnare governo a promuovere i principi in sede nazionale e internazionale (s) pic.twitter.com/opZImBKyMt
— laura boldrini (@lauraboldrini) July 28, 2015
Cosa dice la Dichiarazione
La Dichiarazione dei diritti di Internet (pdf) consta di un preambolo e di 14 articoli, esattamente come la bozza di qualche mese fa, ma la sua composizione e alcuni principi sono decisamente diversi. Le osservazioni arrivate hanno modificato alcuni aspetti della dichiarazione soprattutto nei punti 2 sul diritto di accesso, e nell’articolo 13 che viene portato al terzo punto e richiama al diritto di conoscenza con una più forte tensione educativa all’uso consapevole di Internet; più estesa la parte dell’articolo 6 (ex 5) sull’autodeterminazione informativa. È una carta inevitabilmente dalle due anime, una più coperta dalle leggi – un esempio su tutti: il diritto all’oblio – l’altra più teorica che potrebbe comunque alimentare degli schemi già presenti nei lavori dell’aula. Ad esempio la formulazione in commissione sulla neutralità della rete è sovrapponibile all’articolo del Bill Of Rights.
.@annamasera "Il lavoro svolto in un anno dalla Commissione #BillOfRights è interamente online sul sito della Camera":http://t.co/ATLT1TliL3
— Camera dei deputati (@Montecitorio) July 28, 2015
Il preambolo della Carta di Internet
Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità.
L’Unione europea è oggi la regione del mondo dove è più elevata la tutela costituzionale dei dati personali, esplicitamente riconosciuta dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, che costituisce il riferimento necessario per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet, anche in una prospettiva globale.
Questa Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona. La garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale. Internet si configura come uno spazio sempre più importante per l’auto organizzazione delle persone e dei gruppi e come uno strumento essenziale per promuovere la partecipazione individuale e collettiva ai processi democratici e l’eguaglianza sostanziale.
I principi riguardanti Internet tengono conto anche del suo configurarsi come uno spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico.
Una Dichiarazione dei diritti di Internet è strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale.
Commento agli articoli
art. 1 Riconoscimento e garanzia dei diritti
La Rete è stata considerata già nel 2003 nel quadro delle Nazioni Unite come una componente essenziale di una società dell’informazione. Il primo articolo collega con un rinvio di carattere generale i diritti fondamentali in Internet di ogni persona alla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni unite, oltre che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, alle costituzioni e alle dichiarazioni internazionali.
art. 2 Diritto di accesso
È l’articolo sul divario digitale, che afferma l’accesso come presupposto fondamentale per lo sviluppo della persona come soggetto della comunità nella quale vive ed opera. Fa poi seguito l’enucleazione di due principi conseguenti: la parità sostanziale nell’accesso e la sua applicazione al di là del semplice collegamento alla rete, anche per quanto riguarda sistemi e dispositivi.
art. 3 Diritto alla conoscenza e all’educazione in rete
Si parlerà di questo articolo come del RightoKnow, il diritto di conoscenza, ed è la grande novità rispetto alla bozza di ottobre. Nel terzo articolo si spendono parole importanti sulla necessità di sviluppare lo spirito critico dell’utente della rete, la quale si è sviluppata in un senso che obbliga ad ampliare le cosiddette nozioni di base. L’ultimo comma inserisce anche un richiamo esplicito ai diritti derivanti dal riconoscimento del copyright legati alla produzione di conoscenze, che vanno tenuti nel dovuto conto sempre in bilanciamento con l’interesse generale. È in un certo senso l’articolo che richiama la questione ancora sospesa del diritto d’autore nel progetto di legge europeo e nell’ottica del discusso regolamento Agcom. La sua formulazione è piuttosto neutrale. Forse troppo.
art. 4 Neutralità della rete
A proposito di neutralità, il quarto articolo è rimasto sostanzialmente identico, anzi è addirittura più asciutto nel ribadire che bisogna garantire le condizioni tecnologiche e giuridiche affinché l’accesso alla Rete non sia stravolto da concentrazioni e reintermediazioni degli operatori, così che le persone non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze nella trasmissione dei dati. Ovviamente il caso di successo americano è un buon riferimento, ma in Europa è ancora tutto da discutere.
art. 5 Tutela dei dati personali
Ben sette commi per questo articolo che è tra i più delicati e fra quelli che a livello teorico potrebbero essere più sollecitati dalle mozioni e dalle leggi italiane dei prossimi anni. Nella relazione finale allegata alla Carta si specifica che l’articolo è pensato per suggerire che occorre che il controllo dei dati non sfugga mai al controllo del titolare, ma le relazioni commerciali (basti pensare alla Cookie Law) non esauriscono la sua portata, fa capolino oltre alla profilazione anche la questione dell’autodeterminazione informativa. Forse un po’ pasticciato.
art. 6 Diritto all’autodeterminazione informativa
Dopo Snowden e il Datagate il termine privacy ha assunto una connotazione più profonda. L’articolo quindi mette assieme sia i temi della conservazione e della profilazione, sia la raccolta dei dati di massa, che deve essere limitata allo stretto necessario, nel rispetto dei principi di finalità e proporzionalità.
art. 7 Diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici
Si ribadisce che i sistemi e i dispositivi sono inviolabili. Rispetto al testo originario si è soppressa la parte sull’autorizzazione giudiziaria e ci si attiene ai principi generali, ma avanzati, dell’habeas data e della estensione dell’habeas corpus ai dispositivi delle persone, come da importante pronuncia dalla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.
art. 8 Trattamenti automatizzati
L’articolo (ex 7 nella bozza) è rimasto uguale e intende garantire la sfera personale rispetto ai trattamenti automatizzati, anche nei confronti di atti o provvedimenti giudiziari o amministrativi fondati unicamente sul presupposto del controllo e dell’efficienza produttiva e procedurale. È un articolo apparentemente semplice e innocuo, invece – se fosse considerato un principio di riferimento – potrebbe entrare in contrasto con alcuni articoli del Job Act e punta dritto al pericolo della “società degli algoritmi” che poi è affrontata direttamente all’articolo 9.
art. 9 Diritto all’identità
Un diritto importantissimo da tutelare, che riguarda la biografia di una persona, la sua capacità di difendersi e tutelare i propri diritti, nel caleidoscopio della rete. Il testo è composto da cinque commi molto brevi che cercano di mettere un contorno agli interessi di più parti di profilare le persone e farsi attribuire tramite servizi – privati ma anche pubblici – sistemi di gestione che possono arrivare a sottrarre parte di quella identità.
art. 10 Protezione dell’anonimato
Un altro articolo sul quale si è molto lavorato per cercare il bilanciamento tra espressione e tutela della persona, dove il discrimine è un interesse pubblico rilevante. L’articolo non può dimenticare né il tema della diffamazione né quello dei whistleblower. La risposta è abbastanza chiara.
art. 11 Diritto all’oblio
Niente da aggiungere rispetto a quanto detto in passato: l’articolo fa suoi i principi della sentenza della Corte Europea. Interessante lo spunto finale nel quale la carta spiega che chiunque – non solo una parte coinvolta – può impugnare la decisione di deindicizzare un contenuto davanti all’autorità giudiziaria per garantire l’interesse pubblico all’informazione.
art. 12 Diritti e garanzia delle persone sulle piattaforme
Anche questo articolo è identico al precedente. I responsabili delle piattaforme digitali sono tenuti a comportarsi con lealtà e correttezza nei confronti di utenti, fornitori e concorrenti e ogni persona ha il diritto di ricevere informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, compresa l’interoperabilità.
art. 13 Sicurezza in rete
La sicurezza in Rete, secondo la Commissione, deve essere tutelata da tutti i tipi di attacchi, non solo da quelli esterni. In tal modo potrà essere garantita anche la protezione contro il malware. Il bene della sicurezza va quindi riferito sia all’integrità delle infrastrutture sia all’interesse di protezione delle singole persone. Come non pensare al caso Hacking Team?
art. 14 Governo della rete
Per rendere efficace la tutela dei diritti in Rete si deve necessariamente considerare la dimensione globale di Internet. È un articolo complesso, che cerca di chiarire le dimensioni sovranazionali dei diritti e quindi anche di questa carta.
La sua utilità
A settembre la Dichiarazione verrà copiata in una maxi-mozione unitaria per il voto in Parlamento. Una volta approvata – ed è molto probabile – verrà consegnata ufficialmente al governo. Che ne farà quello che vorrà, compreso anche ignorarla. Già, perché l’utilità di questo testo è da sempre il suo punto debole, ma in fondo anche la domanda sbagliata. Quel che si doveva dire sul metodo è già stato detto, ora che la carta c’è e può rappresentare un riferimento ideale tutto dipenderà da quanto scenderà per i rami delle norme decise dalla politica e soprattutto dal governo. Esiste una maggioranza trasversale, rappresentata dall’intergruppo per l’innovazione, che garantisce un approccio positivo in aula, ma palazzo Chigi è un’altra cosa. La partita, considerando anche il ruolo marginale del paese nelle contrattazioni globali che contano, si gioca su più tavoli.