Si torna a parlare di elusione fiscale e grandi Web Company, e lo fa l’inquilino di palazzo Chigi. Matteo Renzi ieri sera a Otto e mezzo ha annunciato una Digital Tax, rispondendo alle sollecitazioni di Federico Rampini, ospite insieme a lui di Lilli Gruber. Il presidente del Consiglio ha spiegato che il Governo italiano non aspetterà più di altri sei mesi l’Europa su questo problema fiscale con Google, Apple e altre società. Dal 2017 si tenterà la via autonoma della manovra, come auspicato dalla proposta di legge di Scelta civica.
Digital Tax, manovra anti-elusione
Quando si parla di elusione fiscale, del trucco lussemburghese-irlandese che consente ai colossi della Silicon Valley di abbassare l’imponibile a cifre ridicolmente basse rispetto al fatturato, la memoria va alla Webtax, un vero mostro mitologico delle politiche autarchiche contro la rete. Dalle parole del presidente del Consiglio, però, si intuisce che c’è la ferma intenzione di non cozzare contro Bruxelles e di varare una legge che consenta legittimamente di tassare le transazioni. Il suo intervento cita, senza nominarla, proprio la Webtax, e sembra avere il medesimo impianto del disegno di legge Quintarelli-Zanetti. Va specificato per non fare confusione con altre proposte dal nome simile, ma mai arrivate alla consistenza del disegno di legge.
Non c’è dubbio che i grandi player dell’economia digitale hanno un sistema per cui non pagano le tasse nei luoghi dove fanno business. Abbiamo aspettato per due anni la legge europea, facciamo gli ultimi sei mesi attendendo un provvedimento, ma dal 2017 – e già da questa legge di stabilità – immaginiamo una “digital tax” che vada a colpire con meccanismi diversi da quelli immaginati nel passato nei luoghi dove vengono fatte le transazioni. Un principio di giustizia. Non arriveranno a cifre spaventose, non basteranno a risollevare l’economia del paese, ma sarà legge in Italia dal 1° gennaio 2017.
Digital tax, web tax, Google tax, due anni fa a Renzi non piaceva oggi sì. Mettetevi almeno d'accordo sul nome.
— Ferruccio de Bortoli (@DeBortoliF) September 15, 2015
L’incontro tra Renzi e Zanetti
Mercoledì scorso Renzi ed Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, si sono incontrati per affrontare vari temi dell’agenda politica. In quel confronto si è parlato anche di elusione e della proposta di una trattenuta alla fonte del 25% e al contempo di una estensione del concetto di stabile organizzazione. L’idea pare avere convinto Renzi, che ha sposato la causa e già in questi giorni i tecnici del MEF stanno studiando la possibile applicazione e affinando il tutto (il disegno di legge propone delle soglie: presenza continuativa di attività online per almeno sei mesi, almeno cinque milioni di euro di flusso di denaro nello stesso periodo preso in considerazione). Una svolta clamorosa rispetto allo scorso maggio, quando sembrava che il dossier dovesse finire già sul tavolo del governo mentre uscì un disegno di legge firmato soltanto da esponenti del piccolo partito e non dal Pd.
Ora invece la “Digital Tax” (che tassa, in effetti, non è) potrebbe diventare realtà nel 2017, ponendo la basi per un contenzioso costruttivo con aziende come Google o Apple – già attenzionate in Italia dal punto di vista fiscale – sottoponendole a un bivio: stare a guardare mentre il 25% del flusso di denaro fatturato dall’Italia verso le loro sedi estere viene trattenuto dall’erario, oppure cercare un accordo col fisco, un ruling. Oppure, definirsi stabile organizzazione in Italia. Con l’obiettivo di riuscire a dimostrare sempre che esiste un reddito che va tassato a livello territoriale. Non è ancora chiaro quanto gettito comporterà e se davvero riuscirà nei suoi intenti senza per questo danneggiare lo sviluppo di questo settore. Alcuni capitoli del problema sono stati risolti, ad esempio l’Iva europea, altri sono assolutamente lasciati al vuoto di norme nel quale operano questi giganti. In ogni caso ci sarà una lunga discussione, anche in aula parlamentare, prima di ottenere una legge.