Come in una sorta di crasi del destino, come se in un dato momento le corrispondenze tra le cose diventassero immediatamente evidenti, son successe in queste ore due cose lontane e distinte, ma l’una fatta apposta per esaltare l’altra.
Da una parte l’esempio positivo, una volta tanto battente bandiera italiana: Eni apre la propria pagina Facebook. Sarebbe un peccato mortale non pensare al progetto come a qualcosa di assolutamente storico, e tra poche righe sarà oltremodo chiaro il perché. Dall’altra c’è l’esempio negativo, una volta tanto battente bandiera tedesca: la Volkswagen cade nel più torbido degli scandali e si dimostra inoltre del tutto incapace di affrontare la cosa dal punto di vista comunicativo. Sceglie, quindi, di trincerarsi dietro il silenzio mentre le proprie azioni crollano in borsa trascinandosi i listini di tutta Europa.
Le due vicende si sono sfiorate e si sono guardate negli occhi, cercando di specchiarsi in qualche modo. Ma non c’è stato contatto né causalità: le due aziende sono state una affiancate una all’altra sulla timeline del destino, ma sono andate in direzioni opposte come due treni che si incrociano su binari paralleli.
Eni apre al dialogo
I gattini su Facebook hanno stancato. Noi preferiamo i cani a sei zampe.
Chiunque abbia scelto di inaugurare così la pagina Facebook del gruppo non poteva optare per parole più chiare, calibrate al meglio per rendere oltremodo significativo l’esordio. La metafora è esplicita ed è legata in parte al dualismo tra i gattini che popolano tra i video virali e il cane a sei zampe di Eni; dall’altra è la spallata che il gruppo affonda nel momento in cui decide da che parte stare. Stop ai gattini e alle policy meccaniche dello star sul Web misurandolo in pagine e click, insomma: rete è contaminazione, rete è esposizione, rete è dialogo, rete è sporcarsi le mani assieme ai propri utenti per cercare punti di incontro sui quali costruire un rapporto.
Eni ha scelto il dialogo. Avrebbe potuto continuare a trincerarsi dietro la propria levatura aziendale, mascherando il proprio profilo dietro le burocrazie, le lungaggini e il distacco che una grande azienda matura nel tempo nei confronti del mondo esterno. Avrebbe potuto trincerarsi dietro policy e sovrastrutture, rinunciando all’immediatezza in favore di un rapporto ipermediato e controllato, ma ha invece optato per qualcosa di diverso. “Immediatezza” è la parola chiave, poiché oltre alla locuzione temporale indica l’assenza di mediatori: Eni è l’interfaccia diretta, tesserà le fila del discorso, ma lascerà che chiunque possa prendervi parte.
Una scelta coraggiosa, quindi, avvalorata dal fatto che giunge spontanea: il gruppo non lo ha dovuto fare, ma lo ha voluto fare. Ha scelto una direzione ed è pronta a perseguirla. Senza improvvisazioni, peraltro: il team è pronto e il percorso di avvicinamento è stato così raccontato da Daniele Chieffi:
Innanzitutto il team: chi ne deve far parte, con che caratteristiche e ti accorgi che alcune di queste caratteristiche dubiti di averle perfino tu! Poi il consulente: serve l’agenzia, in che forma, potrà pubblicare o meno. Iniziano le lunghe trafile autorizzative interne, fatte di “ok” che arrivano tardi, quando arrivano, di budget che vengono tagliati all’improvviso e giù a ridisegnare tutto. Poi i rapporti interni: da mantenere in equilibrio, da curare, qualche volta da stressare.
E arrivi alla parte creativa: come scriviamo i post, con che tono di voce, con che “segno grafico”. Ti accorgi che ogni scelta che fai è, di per sé, un messaggio che ti caratterizzerà ma che provocherà una reazione in chi lo riceve. Inizi allora a cercare di prevedere i livelli di percezione: come interpreteranno gli stakeholders quel segno, quella scelta di testo, ironia o serietà, provocazione o “profilo basso”?
Nulla è scontato poiché l’azienda non va a recitare un semplice canovaccio: c’è un palcoscenico senza scenografia, c’è improvvisazione, c’è una storia senza finale che va scritta momento dopo momento, post dopo post. E poi c’è una complicazione ulteriore in tutto ciò: un pubblico che non è solo un pubblico, ma un interlocutore vero.
Policy, scelte, netiquette
Poi ti chiedi cosa succede se qualcuno ti attacca. Come rispondiamo, con che tempi massimi? Costruisci una mappa delle criticità possibili e inizi a preparare le possibili risposte. Organizzi il tuo network interno a cui rivolgerti in caso di problemi. Una persona di riferimento, in grado di aiutarti nel suo settore specifico, per ognuno dei settori sensibili dell’azienda. E ancora le mailing list interne, i sistemi di alert in tempo reale, le piattaforme di gestione da remoto delle interazioni del team, le linee gerarchiche. Scegli chi farà cosa e in che modo dovrà rapportarsi con te.
C’è anche e soprattutto questo nello scambio alla pari tra un’azienda e i suoi utenti: la sfida, il sarcasmo, l’attacco gratuito, le ricerche di assistenza. E tutto ciò diventa un fardello ancor più pesante nel momento in cui l’azienda viene affiancata al petrolio e si deve far carico di tutti i valori che in esso il pubblico riconosce.
Per questo motivo la policy adottata nella gestione della pagina è di per sé stessa valore. Il canone che l’azienda intende adottare è infatti chiaro e trasparente, messo nero su bianco con apposito disclaimer: «Questa pagina è uno spazio per comunicare, conoscere e conversare» ed i grassetti utilizzati delineano il perimetro al di fuori dei quali non saranno tollerate incursioni. E continua: «il dialogo, l’interazione e la partecipazione sono benvenuti: chiunque ha diritto di esprimere la propria opinione, con educazione, pertinenza e rispetto, tanto dell’azienda quanto degli altri utenti della Rete. Non è prevista alcuna censura preventiva, ma una moderazione finalizzata a rimuovere commenti o post che contengano discriminazioni, insulti, minacce, turpiloquio […] o atti ripetuti di disturbo». Nessuna preclusione, ma nemmeno l’anarchia della terra di nessuno: un luogo social, anzi, è un luogo di tutti che in quanto tale deve sapersi regolare per consentire a tutti di raccoglierne il valore. Pertanto nessuna ingenua concessione: la pagina Facebook è una pagina regolamentata e monitorata, poiché presidiata; non è un volantino fatto di condivisioni, ma un prodotto fatto di contenuti; non un binario morto nel quale disperdere gli utenti, ma un luogo vivo presso i quali trovarli, conoscerli, coinvolgerli. Pertanto nessun far west, ma una ambiente pensato per essere sede di scambio e di relazione.
Sarà pertanto l’engagement l’unità di misura sul quale i risultati saranno pesati, perché cambiando la dimensione entro cui si concretizza la comunicazione dovranno anche cambiarne le metriche di valutazione. Cambia il punto di partenza e cambia il punto di arrivo. Ma soprattutto, cambia il percorso.
I contenuti
Dietro la pagina c’è un vero e proprio piano editoriale. Ancora Chieffi:
Alla fine ti rendi conto che stai mettendo su una vera e propria redazione, con buona pace di chi sostiene che i social media team siano qualcosa di diverso.
E il progetto ha fin da subito un bacino importante dal quale attingere: è quello dei contenuti Eniday, repository nel quale l’azienda ha iniziato a raccontare se stessa nelle settimane passate aprendo il primo spiraglio verso il mondo esterno. Ora quello spiraglio è una porta aperta, un invito ad entrare, un canale ufficiale di contatto con chi guarda a Eni non solo come cliente, ma come persona interessata.
Sono regole dettate da un modo nuovo di intendere le aziende e il mercato: non commercio, ma conversazioni; non clienti, ma “amici; non vendita, ma creazione di un rapporto. Sebbene tali regole siano assodate ormai da anni, le grandi aziende (soprattutto se datate e ben strutturate) faticano più di ogni altro attore del mercato ad adattarvisi. Questione di inerzia, di difficoltà all’adattamento, di disponibilità delle funzioni a rivedere il proprio ruolo accompagnando i cambiamenti che l’azienda nel suo complesso intende affrontare.
Eni ha mosso la prima pedina e il dominio è destinato a scatenarsi. Ne uscirà un’azienda fortemente ristrutturata, nell’immagine esterna così come nell’identità. Perché quando si conversa e ci si apre, non ci si nasconde, si affronta il cambiamento affrontandolo a viso aperto: inevitabilmente ciò porta a mettere in discussione assetti e protocolli, ma la scommessa di lungo periodo è una sorta di rito iniziatico che porterà ad una fase nuova.
Non c’è rete ma c’è la Rete, non c’è la calda protezione della sfera professionale che ti garantisce, di regole più o meno consolidate che ti proteggono. Facebook, i social, sono mare aperto, da esplorare, da imparare a conoscere. Come il mare se lo assecondi, lo temi e lo rispetti allora sarai un grande marinaio, viceversa ti si rivolterà contro e ti sommergerà. I social sono il più grande esercizio di umiltà e di servizio che un’azienda possa fare.
Eniday prima, Eni su Facebook poi. Due progetti in piena continuità e sinergia, sintomo di una strategia di ampio raggio sul quale il gruppo sta ridisegnando la propria presenza online.
Lo stai facendo bene
Il cerchio si chiude laddove tutto è cominciato: una pagina Facebook che apre una grande azienda al pubblico nelle stesse ore in cui un’altra grande azienda fa le barricate per evitare l’assalto. Volkswagen, del tutto incapace di reagire di fronte a quanto accaduto e del tutto impreparata al cospetto dell’imponderabile, ha semplicemente visto bloccate le proprie procedure: nell’impossibilità di strutturare una risposta muovendo tutti i meccanismi che portano dall’identificazione di un problema allo sviluppo di una soluzione, il gruppo tedesco ha congelato le proprie attività e tace. Ma tacere non è mai una scelta neutrale: tacere comunica più di quanto non si possa pensare. E vedere in queste ore la pagina Facebook di Volkswagen USA svilisce tutte le attività comunicative fatte fino a questo punto, svuota il brand dei valori che nel tempo si è costruito e trasforma il “Das Auto” in qualcosa di cupo.
Scegliere di non scegliere non è una scelta. Ed è il contrario di quanto ha fatto Eni. Eni, senza urgenze da gestire né difficoltà all’orizzonte (il gruppo è tra i meglio visti nel comparto dagli analisti ed il nuovo amministratore delegato Descalzi ha già impresso la propria impronta sul nuovo corso), ha dimostrato intraprendenza ed ha fatto un passo avanti. Oltre un migliaio di “mi piace” a poche ore dall’inizio, il plauso della community e un ampio quantitativo di pacche sulle spalle hanno accompagnato l’esordio. I giudizi dovranno maturare nel tempo, ma fin da oggi c’è il coraggio di un varo meritevole e dalle basi solide. E la sensazione è che la bottiglia del varo si sia rotta come tradizione vuole: il destino dei suoi navigatori è fortunato.