Acqua allo stato liquido scorre sulla superficie dei canyon e tra i crateri di Marte, durante la stagione più calda. È la scoperta annunciata oggi dalla NASA: i ricercatori dell’agenzia aerospaziale statunitense hanno affermato con certezza quanto sostenuto ormai da lungo tempo da numerose teorie. Crescono dunque le possibilità che il pianeta rosso possa ospitare qualche forma di vita.
Lo studio è stato pubblicato da Nature Geosciences e fa riferimento a dati e informazioni catturate dallo spettrometro del MRO (Mars Reconnaissance Orbiter), un veicolo che ha il compito di studiare le caratteristiche di Marte restando all’interno della sua orbita. Sono state analizzate le peculiarità chimiche di alcune striature di colore scuro avvistate durante particolari periodo dell’anno, svelando che si tratta di acqua salata (contenente perclorati).
Sciolto dunque uno dei dubbi più longevi riguardanti il pianeta rosso: da molto tempo si è a conoscenza del fatto che Marte può ospitare acqua sotto forma solida, in qualità di ghiaccio, ma mai prima d’ora era stato possibile accertarne l’esistenza in forma liquida. Torna in auge l’ipotesi sostenuta da parte della comunità scientifica secondo relativa alla presenza di un vasto oceano sulla superficie marziana, scomparso circa quattro miliardi di anni fa. Il rover Curiosity, inoltre, di recente ha trovato tracce di acqua liquida poco sotto il terreno.
Le striature a cui si fa riferimento (chiamate “recurring slope linae”) sono state osservate per la prima volta nel 2010. Simili a linee di color nero, hanno una larghezza inferiore ai 5 metri. Durante i periodi più caldi (fino a 21° C), diventano più grandi e più lunghe, per poi restringersi o scomparire del tutto con l’abbassarsi della temperatura (-62° C).
I ricercatori hanno formulato tre ipotesi in merito alla provenienza dell’acqua: la prima riguarda la capacità del perclorato di catturarla dall’atmosfera del pianeta in presenza di umidità, la seconda fa riferimento alla possibile provenienza sotterranea (la riserva di ghiaccio che a contatto con l’aria si trasforma) e la terza teoria è relativa ad un vero e proprio sistema acquifero. In ogni caso, la scoperta favorirà gli studi sul pianeta, compreso il progetto ExoMars che vede il contributo italiano di Eni, in merito alla ricerca di forme di vita microbica su Marte.