«Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell’esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi. Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere». Con queste parole Albert Einstein spiegava il proprio modo di vedere le cose della vita.
Il suo punto di vista era ed è influente per un motivo chiaro: Albert Einstein è stato colui il quale, più di ogni altro, è riuscito a spostare l’immaginazione più lontano dalle cose della terra, fino ai confini dell’universo, ipotizzandone l’orizzonte ultimo. Correva l’anno 1915, era il 25 novembre: sono passati esattamente 100 anni. Colui il quale aveva spostato più in là i limiti aveva il diritto e il dovere di reinterpretare il quadro generale. Partendo dalla religione e dalla religiosità, poiché è questa l’unica teoria che fino a quel momento si era posta i problemi essenziali che ad inizio ‘900 anche la Teoria della Relatività Generale ha tentato di affrontare.
Dopo l’atomica: il manifesto Russell-Einstein
Il ruolo di Albert Einstein nello sviluppo della bomba atomica è ambiguo e tale rimarrà per sempre. Che le sue teorie ne abbiano ispirato lo sviluppo è indubbio, come indubbio è il fatto che la costruzione della stessa derivi più direttamente dalle ricerche di Enrico Fermi e della cosiddetta “banda di via Panisperna” (fatto salvo Ettore Majorana, la cui scomparsa mai risolta lo tiene al di fuori da ogni responsabilità circa il Progetto Manhattan). Quel che si sa è che Einstein ebbe colloqui il Presidente USA Roosevelt, con il quale chiarì l’impatto che avrebbe avuto una bomba di siffatta fattura. Ne esplicò le potenzialità belliche, probabilmente ne deplorò in tono informale l’impatto possibile, ma al tempo stesso è possibile che Roosevelt fosse stato maggiormente incisivo nel far capire come soltanto una prova di forza avrebbe potuto fermare i fascisti e i suoi alleati. Lo stesso Einstein del resto non nasconde la minaccia: anche la Germania stava lavorando sull’Uranio e il rischio di essere anticipati era troppo pesante per poter essere taciuto.
Questo nuovo fenomeno porterebbe anche alle costruzione di bombe, ed è concepibile (anche se molto meno certo) che si possano costruire in tal modo bombe estremamente potenti di tipo nuovo, Una sola bomba di questo tipo, trasportata de un’imbarcazione e fatta esplodere in un porto, potrebbe benissimo distruggere l’intero porto e una parte del territorio circostante.
Poi venne Hiroshima. Poi venne Nagasaki.
Il lascito di Albert Einstein sul tema del nucleare è datato 9 luglio 1955, pochi mesi dopo la sua morte, attraverso il manifesto Russell-Einstein firmato da 11 scienziati di tutto il mondo. Perché questo era l’obiettivo primario: sollevare la voce della scienza contro l’innovazione generata dalla scienza stessa, affinché tutto il potere delle scoperte sull’atomo non terminasse la propria corsa nei gesti dissennati della politica e dell’interventismo militare. Quello di Einstein dev’essere stato un rigetto di coscienza, un modo per “rimediare” ad una situazione sulla quale non ha certo colpe, ma su cui ha avuto sicura responsabilità. E nella quale non ha potuto fare a meno di accettare le decisioni politiche di quanti hanno convintamente asserito che soltanto così si poteva terminare una guerra dagli esiti già drammatici.
A distanza di 60 anni dal documento, le parole rituonano ancora con la medesima forza di allora: «Nella tragica situazione cui l’umanità si trova di fronte noi riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi in conferenza per accertare i pericoli determinati dallo sviluppo delle armi di distruzione in massa e per discutere una risoluzione dello spirito del progetto annesso. Parliamo in questa occasione non come membri di questa o quella Nazione, Continente o Fede, ma come esseri umani, membri della razza umana, la continuazione dell’esistenza della quale ora è in pericolo».
Il terrore per il nucleare era ai massimi livelli. Da allora non ha fatto altro che crescere: la corsa agli armamenti è rallentata e prima del recente inacidirsi dei rapporti tra occidente e oriente erano nuovamente USA e Russia a discutere su come abbassare il numero di armi nucleari in circolazione evitando che potessero gestirle inoltre paesi senza controllo. L’allarme del manifesto Russell-Einstein non perde dunque di importanza e le parole di allora, firmate da quel visionario che aveva già varcato i confini dell’universo con le proprie teorie, si ripresentano con immutata importanza:
Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate tutto il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.
Scienza e religione cosmica
Ma nei giorni di Parigi e della minaccia ISIS su tutta Europa, nelle ore in cui tra Stati Uniti e il mondo orientale torna ad alzarsi la temperatura, nel momento in cui l’acredine sembra maturare su immature e radicate convinzioni religiose, sono altre ancora le parole di Einstein che fanno riflettere. A far riflettere è soprattutto il suo equilibrio e il suo fascino per il dubbio ed il mistero, vera e propria pulsione alla ricerca. Secondo Einstein l’innovazione è una sorta di elevazione dell’uomo, poiché lo avvicina in qualche modo ad una realtà che qualcuno potrebbe chiamare “dio”.
Einstein non nega l’esistenza di Dio. Né la afferma. La sua religione laica sembra voler anzi rimanere fedelmente in bilico su questo dubbio, poiché ipotizzare l’esistenza di Dio significa giorno dopo giorno scoprire qualcosa di nuovo per svelare la Verità assoluta. Il valore sta proprio nel dubbio, in quella pulsione innata che può cambiare le sorti dell’umanità.
La più bella sensazione è il lato misterioso della vita. È il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell’arte e della scienza pura.
Secondo Einstein le sacre scritture si riducono a poco più di una serie di leggende scritte e partorite dall’uomo, da menti semplici che ragionano sul castigo e sulla legge dell’oppressione come forma generale di regola. Ma c’è una morale, e questa va elevata a religione: «la sua religiosità consiste nell’ammirazione estasiata delle leggi della natura; gli rivela una mente così superiore che tutta l’intelligenza messa dagli uomini nei loro pensieri non è al cospetto di essa che un riflesso assolutamente nullo».
Quel che viene dall’uomo, è fatto per soddisfare i bisogni dell’uomo; che sia la religione basata “sul terrore” o “sulla morale”, Einstein sembra comunque rigettarne qualunque forma. Un profilo scientifico che vede nella natura una mano divina, insomma, ma che rifiuta i formalismi e le sovrastrutture firmate per mano dell’uomo:
Quale gioia profonda a cospetto dell’edificio del mondo e quale ardente desiderio di conoscere – sia pure limitato a qualche debole raggio dello splendore rivelato dall’ordine mirabile dell’universo – dovevano possedere Kepler e Newston per aver potuto, in un solitario lavoro di lunghi anni svelare il meccanismo celeste! […] Soltanto colui che ha consacrato la propria vita a propositi analoghi può formasi una immagine viva di ciò che ha animato questi uomini e di ciò che ha dato loro la forza di restare fedeli al loro obiettivo nonostante gli insuccessi innumerevoli. È la religiosità cosmica che prodiga simili forze. Non è senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella nostra epoca, votata in generale al materialismo, gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi.
Una religione laica, quella che sembra professare Einstein, che non lotta contro le religioni tradizionali: le accetta, quasi come scienze alternative in cerca comunque del medesimo obiettivo. Perché l’ardore che porta l’uomo alla ricerca è qualcosa che assomiglia molto al divino e la cui essenza è nell’intelligenza. Ecco perché scienza e religione non sono cose antitetiche, ma devono anzi trovare un accordo comune. Einstein fa riferimento nello specifico al concetto di “religione cosmica”, rigetta i vecchi tentativi delle religioni di affondare la scienza, ma tende la mano ad un futuro nel quale anche in questo ambito abbia la meglio la pace. In Einstein la ricerca scientifica è elevata al massimo rango, quasi a ordine naturale delle cose, come forma terrestre di elevazione al divino a cui l’uomo può e deve ambire.
Einstein, le armi, l’Europa
Da leggere sono anche queste parole portate nero su bianco a metà del ‘900 da un Einstein che voleva chiarire il proprio modo di vedere le cose, sicuro di poter offrire un servizio a coloro i quali guardano disincantati agli avvenimenti senza coglierne l’essenza:
Bisogna rendersi conto che i potenti gruppi industriali interessati alla fabbricazione delle armi sono, in tutti i paesi, contrari al regolamento pacifico delle controversie internazionali e che i governanti non potranno realizzare questo scopo importante senza l’appoggio energico della maggioranza della popolazione. In quest’epoca di regimi democratici, la sorte dei popoli dipende dai popoli stessi; questo fatto deve essere presente allo spirito di ciascuno in ogni momento.
Quel che Einstein suggeriva era una organizzazione internazionale della scienza che fungesse da membrana per il controllo delle armi e della loro proliferazione, frenando quegli stessi impulsi allo sviluppo di armamenti che la scienza stessa stimola con le proprie scoperte. Quest’ultima ambizione ha però abdicato al proprio ruolo nel tempo, lasciando esclusivamente al mercato ed alla politica il controllo degli avvenimenti. Non si ha controprova ed è complesso oggi capire se l’internazionale voluta da Einstein avrebbe saputo far meglio. Ma il principio rimane saldo e già in Einstein sbocciava l’idea di una soluzione che si chiamasse Europa:
Il nostro continente potrà raggiungere una nuova forma di prosperità soltanto se la lotta latente fra le forme tradizionali di Stato viene a cessare. L’organizzazione politica dell’Europa deve essere decisamente orientata verso l’eliminazione delle incomode barriere doganali. Questo scopo superiore non potrebbe essere raggiunto esclusivamente attraverso convenzioni fra Stati. La preliminare preparazione degli spiriti è, prima di tutto, indispensabile.
In definitiva, con una chiosa che ha realmente i toni di una aperta confessione religiosa, e con parole che proprio in questi giorni hanno un peso specifico altissimo:
Noi dobbiamo sforzarci di svegliare gradualmente fra gli uomini un sentimento di solidarietà che non s’arresti, come è accaduto fino ad oggi, alle frontiere degli Stati.