Condivisione, condividere, condiviso. Quante volte usiamo queste parole? Quale impennata hanno avuto queste parole negli ultimi anni? Il concetto di condivisione è stato ribaltato, esteso, plasmato, rivoltato, uscendone deformato per sempre. Ma il Natale si avvicina, e da sempre il Natale è condivisione. Per un momento, almeno per un momento, bisognerebbe fermarsi e sentire nuovamente il profumo della vera condivisione. A occhi chiusi, a polmoni pieni, come una boccata d’aria fresca.
Cos’è la condivisione
La comunione tra il Natale e la condivisione è probabilmente un qualcosa che nasce dalla religione, ma che poco alla volta si è esteso a significato comunitario perfettamente laico. Natale, infatti, è anzitutto dono. Da qui nascono i regali: è Natale, quindi ti penso e ti mando un dono. Il dono è significativo poiché è la concretizzazione di un affetto: trasformare il proprio sentimento in un regalo, investire denaro in un gesto, quindi offrirlo. Quanto più il gesto è sincero, tanto più non pretende simmetria: si dona senza voler ricevere, perché questo è il vero spirito del Natale. La condivisione, insomma, è anzitutto dono: significa privarsi di tempo e denaro per trasformare i propri buoni sentimenti in sorrisi altrui.
Oggi la condivisione è invece qualcosa di differente. Il significato sta cambiando retweet dopo retweet, “condividi” dopo “condividi”, spostando il baricentro della parola verso nuove aree semantiche. Così padre Antonio Spadaro nel suo Cyberteologia:
La rete plasma una mentalità di condivisione che è sostanzialmente scambio.
Non dono, quindi, ma scambio. Non si condivide per offrire, insomma, ma all’interno di una logica che unisce saldamente il dare e il ricevere come regola comune e comunitaria. Simmetria come codice dialogico per stare nella cerchia. All’interno di un rapporto privato, infatti, il dono è accettabile e valorizzato; all’interno di una dimensione comunitaria, invece, il dono perde forza all’interno delle dinamiche uno-molti che si vengono a instaurare. Si perde insomma la dimensione privata, il rapporto uno-a-uno, l’intimità.
E col concetto di dono cambia anche quello di prossimo. Al soggetto singolo del destinatario si sostituisce l’utente. In questa condizione il donatore non offre un oggetto che rappresenta in qualche modo il rapporto tra lui e il destinatario. Il donatore offre qualcosa di non segnato da un rapporto affettivo unico.
Quando si condivide online, soprattutto, non si perde nulla: semplicemente si moltiplica un qualcosa di cui si dispone (un post, una immagine, un pensiero). La nuova condivisione non implica dunque alcuna privazione per sé: è dono senza costo, spesso senza impegno. Va da sé il fatto che il concetto puro della “condivisione” rimanga svuotato.
Recuperare la condivisione
Natale è consumismo? Quando il dono diventa obbligo lo è certamente. Per questo mettere in gioco il significato del Natale non è semplice consuetudine, ma è uno sforzo necessario per tornare a vivere un certo spirito, a interpretare un certo modo di essere, a incarnare un certo modo di relazionarsi. Natale può essere ancora condivisione, purché si dia un significato a ciò che si fa. Il regalo che passa soltanto per la carta di credito e il pacchetto ben confezionato, equivale al “condividi” impulsivo con cui si rilancia una catena di sant’Antonio su Facebook. Ma il risultato agli occhi di chi riceve è puntualmente amaro.
Quando dietro una condivisione c’è uno sforzo concettuale, un pensiero concreto, un cercare di offrire un dono che arricchisca gli altri attraverso una elaborazione propria, allora significa che ci si è messi nella posizione di privare qualcosa da sé per offrirlo ai propri amici. Quando si produce una riflessione, o si scatena un sorriso, o si lancia una iniziativa, si è parte attiva di un movimento che tocca le anime una ad una. Singolarmente, pur dentro una comunità. Questa è condivisione. Non è un “condividi” automatico di un branco di lupi che camminano nella neve: quello è un modo facile per dipingere se stessi senza costi, senza sforzi, senza impegno. Quello non è un dono, quella non è condivisione: quello è rumore di fondo. Ennesimo rumore di fondo. Altro rumore di fondo.
Recuperiamo l’originalità. Recuperiamo il senso del dono. Recuperiamo il valore della condivisione. A quel punto sì, a quel punto è possibile, a quel punto che sia davvero un BUON NATALE!