L’impegno di Google per garantire a tutti l’accesso all’ecosistema dei servizi online, indipendentemente dalla qualità della connettività a disposizione, è cosa ben nota. Lo dimostrano la messa in campo, ad esempio, di programmi avveniristici per combattere la piaga del digital divide, come Project Loon, ma anche lo sviluppo di soluzioni software avanzate. È questo il caso di Brotli.
In estrema sintesi, si tratta di un algoritmo destinato all’integrazione nel browser Chrome, che si occupa della compressione dei dati trasmessi dal server al client. Il guadagno è significativo, come annunciato nel settembre scorso. Si arriva ad una riduzione della banda utilizzata dal 20% al 26% rispetto a quanto garantito dal predecessore Zopfli, lanciato solo un paio di anni fa. Il risultato è facilmente immaginabile: meno traffico generato e pagine Web caricate più velocemente durante la navigazione. I vantaggi si potranno apprezzare ancor di più sui dispositivi mobile, spesso costretti a connettersi attraverso i network degli operatori e che potranno inoltre beneficiare di un minore consumo della batteria.
In Google pensiamo che il tempo degli utenti Internet valga e che non dovrebbero attendere a lungo per caricare una pagina Web. Poiché “veloce” è meglio di “lento”, due anni fa abbiamo pubblicato l’algoritmo Zopfli. Questo ha ricevuto molti feedback positivi dall’industria ed è stato integrato in molte soluzioni di compressione, dagli ottimizzatori per PNG alla pre-elaborazione dei contenuti Web.
Brotli si basa dunque sull’esperienza acquisita da bigG in passato con Zopfli e sulle esigenze più attuali come la “web font compression”. L’approccio è ovviamente open source, in pieno stile Google. Il gruppo di Mountain View sa bene che anche una differenza di pochi kB in un singolo documento, se rapportata alla quantità di informazioni che ogni giorno circolano in Rete, può finire con il rappresentare un’enorme differenza.