Proprio nel centenario della Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein, una ulteriore conferma sulle intuizioni di allora ha trovato conferma: la National Science Foundation ha ufficializzato la scoperta delle onde gravitazionali ipotizzate dal fisico tedesco. La scoperta ha una data e un’ora precisa: la prima onda gravitazionale mai “ascoltata” è delle 5.51 EDT del 14 settembre 2015 ed è stata registrata dai Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO) dislocati a Livingston (Louisiana) e Hanford (Washington) sviluppati grazie ad una collaborazione tra il California Institute of Technology (Caltech) ed il Massachusetts Institute of Technology (MIT).
Quanto ascoltato è il frutto di una tremenda collisione tra due buchi neri delle dimensioni stimate tra 29 e 36 volte la massa del Sole, evento avvenuto circa 1,3 miliardi di anni fa. Una massa pari a circa 3 volte quella del Sole è stata convertita in onde gravitazionali in una frazione di secondo e, sulla base del momento in cui le onde sono state captate (una differenza di 7 millisecondi tra un LIGO e l’altro) la collisione è stata posizionata nell’emisfero sud. Gli osservatori LIGO sono basati su tecnologie ad altissima precisione, in grado di osservare gli effetti infinitesimali che le onde gravitazionali sono in grado di generare sullo spazio: l’importanza di avere due osservatori è invece nella necessità di registrare almeno due segnali distinti nel tempo per creare una linea che abbia una direzione verso la quale posizionare in modo approssimativo la posizione dell’origine delle onde.
Le onde gravitazionali
Tutto ciò altro non è se non la trasmutazione diretta della famigerata “E=mc²“: due buchi neri che ruotano su orbite che poco alla volta si avvicinano, provocano una perdita progressiva di energia ed infine giungono alla collisione (ad una velocità che è pari a circa la metà rispetto alla velocità della luce) che trasforma definitivamente parte della massa in energia. Proprio l’energia liberata da questo scontro, sotto forma di onde gravitazionali, è stata captata dai Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory dando vita ad una scoperta che il mondo scientifico definisce immediatamente di portata storica.
Formalmente le onde gravitazionali rappresentano delle increspature nella dimensione spaziotempo, ma sono tanto flebili che in passato si riteneva fosse quasi impossibile carpirne la natura. A partire dagli anni ’70 iniziarono a giungere prove fattive dell’esistenza delle onde, ma si trattava di indizi che consentivano soltanto di dedurne l’esistenza e non invece di abilitarne l’osservazione diretta. Quello odierno è dunque un tassello fondamentale, una svolta: si chiude con il passato dimostrando definitivamente la bontà delle intuizioni del 1915 e si apre una porta sul futuro grazie agli studi più ravvicinati che si potranno ottenere. «È come se ascoltassimo l’Universo» e grazie alle onde gravitazionali è come se potessimo capirne di più delle sue origini e le sue dinamiche.
Al progetto ha collaborato anche Virgo, una squadra di 250 fisici e ingegneri tra i quali otto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Coinvolto nel progetto anche un osservatorio nei pressi di Pisa. Fulvio Ricco, portavoce Virgo, esalta soprattutto le prospettive che vengono ora ad aprirsi:
Questo è un fondamentale risultato per la fisica, ma soprattutto rappresenta l’inizio di molte nuove ed eccitanti scoperte nell’astrofisica grazie a LIGO e Virgo.
Advanced LIGO: spazio, tempo e onde gravitazionali
Ogni Advanced LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) è composto da due tunnel ortogonali tra di essi. Un fascio di luce diviso in due parti compie il medesimo tempo per raggiungere due specchi posti esattamente alla medesima distanza e, per una semplice regola di simmetria, il fascio impiegherà lo stesso tempo per raggiungere un ennesimo punto di monitoraggio equidistante. Tali simmetrie spaziali vengono però deformate qualora un qualche fascio si frapponga modificando le distanze e, conseguentemente, i tempi di percorrenza del fascio di luce. La modifica dei dati misurati dai bracci dell’interferometro (lunghi 4 km) è la pistola fumante che si attendeva da un secolo e che per molto tempo è stata ritenuta una semplice chimera: l’onda registrata è la fotografia del propagarsi delle onde gravitazionali che per 7 millisecondi hanno provocato variazioni infinitesimali su di uno strumento pensato per avere una precisione totale.
Il numero di domande che si apre è molto superiore al numero di risposte che si mettono in archivio: le misurazioni delle onde gravitazionali consentiranno di vedere una parte inesplorata (e inesplorabile) dell’Universo, ossia i buchi neri, e consentirà di aprire nuove frontiere per la fisica dopo la feroce accelerazione che Albert Einstein impose all’inizio del secolo scorso. L’enfasi dei ricercatori sulla scoperta non è casuale: le onde gravitazionali sono il tassello sul quale si costruiranno i propri decenni di ricerca ed i passi in avanti della conoscenza delle prossime generazioni.