Per capire quanto sia avanzata l’intelligenza artificiale sviluppata da DeepMind è sufficiente pensare a quanto sta accadendo in Corea del Sud: Lee Se-dol, campione di Go, ha perso due match consecutivi contro il software AlphaGo. Quella messa in campo dal team (acquisito da Google) è però solo una prova di forza, un esercizio di stile al momento fine a se stesso.
Le reali finalità sono ben altre: integrare le potenzialità dell’IA in servizi e prodotti che possano tornare utili quotidianamente, ad esempio negli assistenti virtuali equipaggiati su smartphone e tablet. Un esempio è Google Now, la tecnologia integrata nei dispositivi Android che in maniera autonoma è capace di fornire informazioni e indicazioni all’utente, ancor prima che questo le cerchi. A parlarne è Demis Hassabis, fondatore di DeepMind, in occasione di un’intervista rilasciata alla redazione del sito The Verge. L’obiettivo del team è quello di sviluppare soluzioni che possano essere applicate a problemi del mondo reale.
Tutti vorremmo che questi assistenti su smartphone fossero davvero intelligenti e contestualizzati, capaci di capire fino in fondo cosa l’utente desidera. L’unico modo per creare un’intelligenza è costruirla dalle fondamenta.
L’approccio alla creazione di queste nuove IA sarà in gran parte simile a quello adottato per la realizzazione di AlphaGo, seppur con finalità differenti. Per quanto riguarda le tempistiche necessarie, si parla di alcuni anni.
Nei prossimi due o tre anni alcuni aspetti inizieranno a funzionare meglio. Potrebbero invece servire quattro o cinque anni, forse di più, perché si possa assistere ad un grande passo in avanti.
Sebbene tecnologie come quella di Google Now potranno beneficiare dell’intelligenza artificiale, le mire di team come DeepMind sono ben più ampie. Il gruppo punta, ad esempio, a fornire ai ricercatori gli strumenti necessari per far svolgere agli elaboratori gran parte del lavoro di analisi dei dati, soprattutto in campo medico.