Entro mercoledì il Commissario Europeo per la Concorrenza, Margrethe Vestager, potrebbe rendere pubblica la decisione dell’istituzione continentale in merito all’indagine che ha visto sotto la lente d’ingrandimento il sistema operativo Android di Google. Si è tornato a parlarne nel fine settimana, dopo che quattro avvocati coinvolti nel caso hanno riferito al Financial Times di richieste inoltrate da Bruxelles alle realtà che hanno lamentato un presunto comportamento non corretto da parte del gruppo di Mountain View, al fine di ottenere informazioni e dettagli entro un massimo di 24 ore.
Proprio le tempistiche molto strette fanno pensare ad una conclusione ormai prossima del caso. Vestager potrebbe annunciare sanzioni, ma utilizzare il condizionale è d’obbligo, in quanto i portavoce delle due parti hanno rifiutato di rilasciare commenti in merito. L’indagine è stata ufficializzata poco più di un anno fa, per la precisione il 15 aprile 2015, con l’obiettivo di fare chiarezza sull’ipotesi che Google abbia messo in atto comportamenti tali da poter essere ricondotti ad un abuso di posizione dominante per quanto riguarda il proprio sistema operativo mobile. La società ha, all’epoca, subito replicato alle accuse, intervenendo sia pubblicamente che con una lettera rivolta ai propri dipendenti.
Più nel dettaglio, è stata considerata la presenza di applicazioni e servizi proprietari del gruppo di Mountain View all’interno degli smartphone all’atto dell’acquisto e l’ipotizzata impossibilità per i partner OEM di preinstallare versioni modificate della piattaforma.
La maggior parte dei produttori di smartphone e tablet utilizzano il sistema operativo Android, in combinazione con una serie di applicazioni e servizi proprietari di Google. Per ottenere il diritto di installare questi servizi e applicazioni sui loro dispositivi Android, i produttori sono obbligati ad accettare alcuni accordi con Google.
Google, insomma, costringerebbe i propri partner a preinstallare applicazioni di Mountain View tramite il “Mobile Application Distribution Agreement”. Così facendo, il dominio ottenuto nel mondo Android (disponibile a titolo gratuito e oggi ampiamente dominate nel mercato mobile) diventa facilmente una leva per aumentare il controllo sulla ricerca online e su altri servizi offerti dal gruppo. Queste, almeno, le accuse: la gratuità del sistema operativo sarebbe pertanto ciò che consente al gruppo di consolidare la propria leadership in altri ambiti, traslando i benefici della posizione di controllo detenuta ed operando pertanto in contrasto con le normative antitrust.
Ora sussidiaria della parent company Alphabet, l’azienda ha sempre negato qualsiasi comportamento finalizzato alla penalizzazione della concorrenza, sia in territorio mobile che per quanto riguarda altri ambiti già presi in esame dalla Commissione, come l’indicizzazione dei risultati sul motore di ricerca.
A livello continentale, Android detiene la fetta di più grande di market share per quanto riguarda il mercato smartphone, seguito dal sistema operativo iOS di Apple e infine da Windows Phone (o Windows) di Microsoft. Per Google non è questo l’unico fronte aperto con l’antitrust europea: il servizio di vendita tramite il motore di ricerca è parimenti sotto i riflettori della Commissione, esplorando le dinamiche che consentono ad un gruppo dominante nella ricerca di ottenere vantaggi nello spostare traffico verso servizi proprietari invece che verso servizi terzi.
Un’eventuale sanzione potrebbe raggiungere fino al 10% dell’ammontare dei profitti generati nel corso dell’ultimo anno fiscale. Il 2015 si è chiuso per Google con un incremento delle entrate pari al 13,5%, raggiungendo i 74,5 miliardi di dollari.