Il Freedom of information Act (FOIA) è stato modificato e approvato dalle commissioni riunite agli Affari costituzionali, recependo alcune delle obiezioni che avevano lasciato l’amaro in bocca a chi sperava – e forse può sperare ancora – in un testo realmente rivoluzionario per l’accesso aperto alla documentazione degli enti pubblici. Il testo che ora andrà a palazzo Chigi ha recepito le osservazioni in merito al silenzio-diniego e al procedimento di ricorso al TAR.
Che il FOIA uscito dal Consiglio dei ministri non fosse assolutamente all’altezza delle aspettative era stato subito chiaro: mancava l’obbligo per la pubblica amministrazione a rispondere alla richiesta del cittadino, cadendo persino l’obbligo di motivare l’eventuale rifiuto. Inoltre non si faceva granché per risparmiare soldi e tempo ai richiedenti. Si arrivava in un certo senso a peggiorare le condizioni precedenti e per molti era fin troppo evidente la manina dei burocrati ministeriali intenta ad evitare un sovrappiù di trasparenza – che vuole dire lavoro – in questo paese poco abituato a pensare dalla parte dei cittadini e non della burocrazia. Ora però le posizioni di governo a Parlamento sembrano essersi fuse in un compromesso più alto.
Come anticipato da Agorà Digitale, la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati era intenzionata a votare un parere – non vincolante – su questo decreto che avrebbe recepito tutte le proposte, considerate minime, avanzate durante un’audizione. Una serie di innovazioni importanti, che eliminano il silenzio-diniego e prevedono che il rifiuto debba essere motivato da parte dell’amministrazione, e sul versante del costo sopprime la previsione del rimborso a carico del cittadino, rendendo sicuramente gratuito l’accesso ai documenti in modalità digitale. Un altro elemento cardine è il ricorso al TAR, un percorso troppo complesso, sostituito da altri rimedi amministrativi, conditi pure dalle linee guida dell’Anac (l’autorità anti corruzione) per disciplinare le eccezioni, in numero altissimo nel decreto di partenza.
Marco Scialdone, segretario di Agorà digitale, è ovviamente contento che siano state recepite quelle osservazioni. «Ora attendiamo il testo», spiega, «e poi occorrerà vedere quanto sarà alla fine confermato dal governo». Per ora tutto è stato confermato da Anna Ascani, relatrice in commissione, che oggi su Facebook ha annunciato che il testo è stato approvato considerando tutte le critiche mosse in questi due mesi.
Il parere della Commissione risponde a tutte le criticità emerse negli ultimi giorni. Oggi è grande la soddisfazione per il lavoro fatto fin qui. E soprattutto è grande la riconoscenza verso le associazioni che si sono spese con grandissima dedizione. Verso i cittadini che hanno firmato le petizioni. A loro chiedo di continuare a sostenerci perché l’Italia abbia presto il suo Freedom of Information Act. Le condizioni contenute nel parere della Commissione, se recepite nel decreto che uscirà dal Consiglio dei Ministri, delineano un’ottima legge sul diritto all’accesso: senza indulgere a voyeurismo o a ideologia da “guardia e ladri”, si promuovono trasparenza, accountability, si forniscono strumenti per combattere la corruzione e migliorare la qualità della Pubblica Amministrazione.
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L’impegno della ministra Madia
La persona che più sosterrà la versione semi definitiva del FOIA, almeno stando a quanto ha sempre ribadito in queste ultime settimane, sarà la ministra Marianna Madia, che si è spesa pubblicamente, persino in modo irrituale sul sito del ministero, per assicurare che avrebbe garantito un vero FOIA e non un surrogato. Al recente Festival del giornalismo è anche intervenuta in diretta telefonica durante un incontro, moderato da Guido Romeo, cofondatore di Diritto di Sapere, dove c’erano la stessa deputata Anna Ascani, Ernesto Belisario, avvocato e scrittore, e Helen Darbishire, fondatore di Access Info Europe. In quella occasione la ministra non ha preso impegni precisi, come invece ha fatto ieri a poche ore dal voto in commissione, confessando che fin dall’inizio aveva trovato le osservazioni sui punti deboli del decreto «pienamente condivisibili».
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Cosa cambia in sintesi
Il “nuovo” FOIA conferma alcuni principi generali e, stando alla relatrice, migliora quelli sottolineati con la penna rossa da DirittodiSapere, FOIA4Italy, e molti altri soggetti. In sintesi, se il CdM non dovesse più cambiare neanche una virgola, il FOIA italiano dirà:
- Diritto di accesso pubblico a ogni documento, tranne alcune eccezioni;
- Chiunque può inviare una richiesta;
- In caso di negazione del documento, deve essere motivato;
- La formulazione delle eccezioni verrà redatta dall’ANAC sentito il Garante della privacy, così da dipanare le incertezze e diminuire i casi di scontro legale;
- In caso di ricorso, il TAR non sarà l’unico rimedio possibile;
- I costi per la produzione digitale sono zero per il cittadino, con il solo rimborso per i costi vivi della riproduzione.