Il Salone del Libro di Torino è stato un grande successo. Mentre il Salone va a chiudersi nei padiglioni del Lingotto, quel che rimane è una lunga serie di immagini di corridoi pieni, sale affollate e lunghe code alle biglietterie. Quel che rimane è la consapevolezza di una edizione che nasceva tra mille difficoltà e che è terminata con un grande calore di pubblico, case editrici, partecipazione e risultati. L’edizione che più di ogni altra sfidava il rischio faccia a faccia, va considerata come il maggior successo degli ultimi anni, un nuovo punto di partenza su cui costruire il Salone, e l’industria libraria, del prossimo decennio.
Ma quel che resta è soprattutto un ponte che il Salone ha saputo costruire nei confronti del futuro. Idealmente il settore ha ipotecato il proprio passato e con l’incredibile valore culturale disponibile ha messo in piedi un nuovo cantiere denominato “Book to the future“. Questa è stata l’area con la maggior fibrillazione, quella in cui tutto è messo in discussione, quella in cui scorreva l’adrenalina. L’area “BttF” è stata quella forse più caotica, una sorta di brodo primordiale nel quale ci si attende da un momento all’altro un nuovo Big Bang dell’editoria.
Il tema dell’edizione 2016 doveva già lasciar presagire questa tensione naturale al futuro: “Visioni” è stato il cardine di un salone improntato alla reinterpretazione del libro e della letteratura, nel tentativo di capire (senza nulla togliere alla tradizione) se il libro avesse ancora qualcosa da dire e se gli autori avessero ancora la creatività necessaria per ricavarne ancora valore. E la convinzione sembra essere quella per cui il punto di rottura sia ormai arrivato: il libro non scomparirà perché sublima in una certa dimensione del sapere e del conoscere, ma al tempo stesso evolve verso forme nuove sulle quali occorrerà sperimentare non poco.
Book to the Future
Dagli ebook alla realtà virtuale, passando per esperienze multimediali e multicanale: se al centro rimane il libro, inteso come identità forte e non più emendabile, tutto attorno è un fiorire di app e di esperienze, di idee e di tentativi, alla ricerca della giusta direzione verso cui sviluppare il mercato e il rapporto autore-lettore. «Il Web ha sconvolto tutto, ma una cosa non l’ha ancora intaccata e non la potrà mai intaccare: il tempo della lettura non è stato compresso. Tutto è veloce, tutto viene fruito rapidamente e superficialmente, ma il tempo della lettura è un tempo interiore che il Web non ha la possibilità di intaccare. Che si legga un piccolo post o un lungo libro, la velocità non cambia» (Alessandro Dutto, fondatore de l’Araba Fenice). In questa velocità c’è un nuovo punto di riferimento che sta alla dimensione del libro come la velocità della luce sta alla teoria della relatività.
Book to the Future è stato l’osservatorio che ha approfondito questa dinamica. Molti i libri presentati, molti i momenti di approfondimento, molti i temi in ballo. Sui banchi si alternavano pagine e smartphone, sul calendario si susseguivano autori e tecnici, la cultura umanistica si è intrisa di software e ingegneria, trovando alchimie che sporadicamente lasciavano intravedere lunghi viaggi spazio-temporali pronti ad essere intrapresi. Alla fine nessuno ha osato pronunciarsi su come sarà il futuro, perché ad oggi la finestra di visibilità che abbiamo è quella di un display con icone attivabili con un touch (il che equivale all’osservare i buchi nero attraverso l’ascolto delle onde gravitazionali). Ma il ponte di Book to the Future ha lasciato una impronta indelebile sul Salone del Libro 2016 come la definitiva presa di consapevolezza che il futuro non è un rischio, ma soltanto una opportunità.
Il Web e il libro non sono realtà antitetiche: sono dimensioni complementari in cerca di un equilibrio. Lo si intuiva, qualcuno lo dava per assodato, ma la consapevolezza diffusa è lo scalino fondamentale per metabolizzare definitivamente questo assunto. Il Web e il libro oggi si annusano, iniziano a conoscersi e presto impareranno a trovare anche valide sinergie. Se c’è un posto in cui possono incontrarsi senza tensioni, questo luogo è proprio Book to the Future (un’aula delle quali è stata denominata non a caso “Future Lab”). Tutto attorno, come in un vero laboratorio artigianale di idee e di modelli di business, gli stand delle startup selezionate per la nuova edizione del salone: libri in streaming, selfpublishing, social network, il tutto all’interno di commistioni che prendono nomi quali Lapisly, Librerie in Cloud, Papermine, Quibee, Sheen, Verticomics.
Book to the Future è una anticipazione del Salone del Libro 2026: una proiezione non più breve di un decennio, insomma, per una dimensione del sapere che risale a Gutemberg e che ancora oggi non ha esaurito le sue cartucce.
Cityteller e altri
L’edizione 2015 aveva portato sul palcoscenico Cityteller, applicazione che geolocalizza i libri nel tentativo di aumentare le loro possibilità di coinvolgimento e di narrazione. Al Salone del Libro 2016 Cityteller è tornata a Book to the Future per raccontare la propria esperienza da startup, i propri primi passi sul mercato e i primi successi raccolti all’interno di una community in costante crescita.
Cityteller altro non è se non un modo nuovo ed ulteriore (sicuramente innovativo ed attualmente in cerca del suo baricentro migliore) per consentire alle storie di prendere vita laddove maggiore è la possibilità di incontro con i lettori. L’app è dunque l’emblema di quel che BttF vorrebbe essere: i libri sono contenitori di storie e di esperienze, ma il Web è quel canale privilegiato sui quali possono farsi entità viva per incontrare l’attenzione di quanti son pronti a lasciarsene coinvolgere. La geolocalizzazione può essere una delle alchimie che rendono efficace il processo, traendo dal caso e dal caos quei punti di riferimento necessari per far sì che le molecole della conoscenza possano stimolarsi l’una con l’altra.
La presentazione di Cityteller ha dato dunque continuità alla presenza delle startup al Salone del Libro, dimostrando come il mercato del futuro non sia fatto solo di idee, ma anche di grandi sforzi (ingegneristici e non) per fare in modo che i modelli di business individuati possano funzionare. Tutti questi tentativi operano oggi su un terreno estremamente viscido, fatto di resistenze e trend inerziali, ma la forza delle buone idee sembra aver trovato i primi punti d’appoggio solidi.
Sperimentare si può, riuscire è possibile: il futuro inizia da qui. Il futuro inizia al Salone del Libro, area Book to the Future.