Per ragionare sull’impatto del TTIP sulla nostra economia, per stabilire quali sono i rischi e le opportunità di questa possibile partnership commerciale Usa-Unione Europea, bisogna prima partire da quanto veramente ne sanno gli italiani. L’unico sondaggio finora condotto per stabilirlo dà risultati che chiamano in causa mass media e istituzioni, visto che metà delle persone sembra non saperne nulla e l’altra metà è influenzabile positivamente o negativamente anche solo per una piccola quantità di informazioni. In pratica, gli italiani non hanno idea di cosa sia o al massimo ne hanno sentito parlare.
Il sondaggio sul TTIP è stato presentato lo scorso 30 maggio a Cremona in occasione di una giornata di studi promossa dal Schultz’s risk center alla Camera di Commercio, in collaborazione con Regione Lombardia, la Commissione Europea e l’American Chamber of Commerce in Italy (amcham). Renato Mannheimer ha presentato i dati demoscopici su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne che usa Internet, rilevati fra il 19 e il 20 maggio 2016, cioè prima che le principali testate giornalistiche decidessero di pubblicare degli articoli di approfondimento sul trattato. Il sondaggio è composto di due semplici domande, eppure già utili per comprendere quanto ci sia bisogno di informazione sul TTIP per evitare che resti confinato tra i tecnicismi degli specialisti e le superficialità delle fazioni contrapposte.
Nella prima domanda si è premesso: “Si è discusso in questi giorni di un trattato internazionale sulla liberalizzazione degli scambi tra Europa e Stati Uniti, denominato TTIP”, e poi si è chiesto:
Lei ha mai sentito parlare del trattato internazionale denominato TTIP?
Il grafico mostra come attualmente il 50% della popolazione italiana (il sondaggio ha un margine di errore del 3,5%, quindi potrebbe essere al minimo il 46,5 o al massimo il 53,5) non ne ha mai sentito parlare o comunque non sa di cosa si tratta. Percentuale, quella di chi non sa, che nel caso dei giovani è ancora più alta. Fra chi invece sostiene di averne sentito parlare, tre quarti è contraria. Solo il 15% del totale del campione si dice favorevole al TTIP. Mannheimer ha svelato che questi dati sono sorprendentemente identici a quelli che la stessa società, la Eumetra Monterosa, ha nel cassetto a proposito del referendum costituzionale. Come in tutti i sondaggi che si rispettino, c’è un secondo quesito “sentinella” utile per scoprire quale sia il rapporto tra le proprie convinzioni e le risposte date al sondaggista.
Il secondo quesito spiega che il TTIP “prevede che gli scambi tra Europa e Stati Uniti siano liberalizzati. Alcuni sono favorevoli, perché pensano che così avremo più prodotti a disposizione e che anche l’economia ne trarrà giovamento. Altri sono contrari perché temono che giungano così sul nostro mercato prodotti di minore qualità o non conformi alle nostre regolamentazioni”. Sulla base di queste considerazione si è chiesto allo stesso campione se è favorevole o contrario a questo trattato.
Come si nota subito dal grafico a torta, una fetta preponderante, il 50%, si dice contraria al TTIP. Questa parte è naturalmente diversa nella sua composizione da quella metà di chi invece ammetteva di non saperne nulla: una volta riassunto di cosa si tratta, le persone hanno potuto dare un loro giudizio. Quel che non si nota subito, invece, è che il rapporto tra favorevole e contrari è differente rispetto a quello della prima domanda. Nel primo grafico, infatti, c’è maggiore distanza tra i contrari e i favorevoli (35% contro 15%), mentre nel rapporto tra 50% e 34% si intuisce che di fronte all’informazione i consenso a favore tende, minimamente, a crescere.
Questo sondaggio dimostra che molto si deve ancora fare per informare la cittadinanza sul TTIP e il suo obiettivo e impatto conseguente, e che esiste una relazione tra il saperne di più e l’essere tendenzialmente favorevoli.