Una rivoluzione silente sta per avvenire sotto gli occhi di tutti: è quella del cashless, quella che renderà vetusta anche la moneta dopo che la moneta ha reso vetusto il baratto molto tempo prima. Si tratta di una evoluzione naturale, un’astrazione necessaria: la moneta ha consentito di facilitare scambi che prima il baratto rendeva del tutto improbabili, ma secoli di conio evidenziano ora il peso degli anni e della materialità. La smaterializzazione della moneta è il passo successivo, passo che per molti versi è già parte integrante della cultura diffusa: ogni volta che si paga con un bancomat o con una carta di credito, del resto, non c’è scambio tangibile e la transazione è registrata esclusivamente su un conto corrente.
Tuttavia la concezione attuale del patrimonio è ancora in larga parte legata al concetto di moneta al quale si potrebbe potenzialmente entrare in possesso in un dato momento: una sorta di paradosso di Paperon dé Paperoni, che nuotava nelle proprie monetine per sentirne vicina e tangibile la presenza. Tutto ciò sta per essere superato giorno dopo giorno, pagamento dopo pagamento, app dopo app. L’ecosistema dei pagamenti online e quello dei pagamenti offline, del resto, stanno venendo a sfiorarsi nel momento in cui la mobilità ha sfumato i due confini e ha portato le rispettive aree a sovrapporsi. Oggi non esiste un online e un offline, perché lo smartphone ha generato una dimensione unica e “always-on”, dunque anche la moneta e il portafoglio tendono naturalmente a diventare le medesime. Perché medesimo è l’ambito e medesimo è l’utente.
Il futuro è dunque segnato, mentre non è ancora chiaro il modo in cui ci si arriverà e chi sarà in grado di fare la voce grossa nell’accaparramento di questo processo in termini di garanzie e procedure: è chiaro a tutti come l’accaparramento delle transazioni con pagamenti digitali è uno snodo cruciale, in grado di sbloccare opportunità abnormi. Il mondo della moneta intanto combatte contro i falsari (da poche ore è in distribuzione la nuova banconota da 50 euro, facendo seguito al restyling di quella da 20 euro), è additata dai paladini della guerra all’economia sommersa (non a caso presto spariranno le banconote da 500 euro) e, dopo secoli di trame economiche tessute al ritmo dell’inflazione, difficilmente lascerà spazio senza opporre strenua resistenza. Da parte sua il mondo cashless le sta tentando tutte: carte di credito declinate ad ogni forma di affiliazione e carta fedeltà, sistemi ingegnosi come Square, ambizioni come quella di PayPal Here, quindi l’ipotesi Apple Pay, Android Pay e altri ancora. Molti esperimenti, grande fermento, ma nessuno che abbia ancora conquistato il cuore degli utenti/acquirenti.
E in Italia?
Il cashless in Italia
Secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano, il settore in Italia si sta lentamente consolidando, ma ha tuttavia ostacoli culturali di fronte che nel tempo ne hanno rallentato l’imporsi. Nulla di grave e nulla di compromettente, però: come suggerito da Alberto Dalmasso, fondatore di Satispay, l’Italia dei pagamenti cashless è la medesima Italia della banda larga. Ultimi ad adottare il sistema, insomma, ma al tempo stesso i primi a colonizzare il mobile. E la situazione è pressoché simile a quella del paradosso indiano, ove il Web è arrivato direttamente da mobile poiché tutta la fase precedente è stata bypassata a causa di problemi oggettivi che non hanno consentito alle realtà online di raggiungere la popolazione.
Dunque la situazione è quella di un’Italia che ha la carta di credito in tasca, ma che non la usa. I motivi? Molti e tutti variamente ricollegati ad un certo sistema la cui inerzia è stata fino ad oggi impossibile da contrastare. Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce, spiega: «L’Italia gode di un’ottima base infrastrutturale per l’accettazione di pagamenti digitali e di una buona diffusione di carte di pagamento tra la popolazione, in linea o superiore ai paesi europei più sviluppati, segno che il sistema finanziario ha lavorato bene per creare le condizioni necessarie allo sviluppo dei pagamenti digitali. I dati di effettivo utilizzo, tuttavia, collocano il nostro paese agli ultimi posti in Europa. Secondo le nostre stime, la gestione del contante costa all’Italia circa 9,5 miliardi di euro, costi ai quali aggiungere il gettito perso per l’erario – circa 27 miliardi di euro ogni anno – derivante dalla fascia di economia sommersa legata all’utilizzo di contante, in quanto non tracciabile». Sono circa 25 milioni le carte prepagate registrate in Italia nel 2015, circa il doppio le carte di debito esistenti, il tutto in parallelo a circa 16 milioni di carte di credito.
Ma l’osservatorio ha anche voluto andare oltre, dettagliando il rapporto tra Italia e cashless nelle sue varie declinazioni. E quel che ne esce è la fotografia di un paese che per molti motivi tiene lo strumento a distanza, ancorato ai sistemi tradizionali pur in presenza di una predisposizione naturale che probabilmente va soltanto sbloccata con le giuste leve. Il consumatore, spiega l’Osservatorio, trova più confortevole ed efficace il pagamento via smartphone, ma esprime ancora il timore di:
- «poter pagare con cellulare solo occasionalmente», il che suggerisce come un sistema diffuso in modo massivo potrebbe più facilmente convincere le ritrosie ed accelerare la pervasività del cashless nel tempo;
- «perdere il presidio dell’acquisto a causa dell’intangibilità della spesa che potrebbe portare ad acquisti irrazionali e non necessari»: è questo il retaggio di una sana cultura di economia domestica, cultura che ha fatto peraltro degli italiani un popolo di grandi risparmiatori. Il risparmio, però, è anche nemico della velocità di circolazione della moneta (vera ricchezza per il Prodotto Interno Lordo) e al tempo stesso sposta il baricentro del presidio del denaro dal mercato agli utenti. Questo aspetto culturale è il più difficile da superare, ma al tempo stesso non deve essere giocoforza un ostacolo: l’utente italiano va assecondato nei propri bisogni e deve poter conservare la tangibilità apparente delle transazioni poiché considera fondamenta l’aver piena consapevolezza dei flussi e dello stato del proprio patrimonio accessibile;
- «dover verificare il livello di batteria e connessione e far ricorso a nuove password e procedure»: questa, per contro, è una ricchezza: l’Italia ha abbracciato il mobile prima e meglio di qualsiasi altro paese al mondo e conosce meglio di altri i benefici e le problematicità di questa dimensione. Gli smartphone non sono però sempre conosciuti e utilizzati a dovere e la percezione delle problematicità spesso supera la realtà. Sapere che una batteria scarica equivale ad un portafoglio vuoto è qualcosa che allontana e che non favorisce l’imporsi del cashless, ma l’evoluzione dei device è tale da poter presto assottigliare questo tipo di problematica e al tempo stesso la percezione collettiva della stessa.
È quindi necessario che gli operatori garantiscano una user experience semplice e immediata: l’utente vuole poter associare la carta direttamente dall’applicazione, con pochi click o fotografandola e, al momento del pagamento in negozio, vuole poter avvicinare il telefono senza dover aprire un’applicazione e utilizzare l’impronta o il PIN per autorizzare la transazione.
Eliminare la moneta, insomma, senza tuttavia eliminarne le comodità. Possibile? Non subito, forse, ma i passi avanti sono già stati molti e le soluzioni perseguibili iniziano a diffondersi con velocità tali da far pensare ai primi vagiti di una rivoluzione in atto.
Come favorire il cashless in Italia
«Non penso sia una questione culturale, ma di utilità e convenienza»: secondo Alberto Dalmasso, tra i primi a credere a fondo nel cashless come grande opportunità per il paese, il contesto è pronto ed occorre trovare le giuste leve per sbloccare la situazione. L’Osservatorio va nella stessa direzione, pur focalizzando ancora l’attenzione sulle carte di pagamento in attesa che i sistemi digitali diano vita ad un ecosistema efficace e pervasivo: «Detrazioni fiscali e lotterie legate ad acquisti fatti con carta potrebbero già nel brevissimo termine contribuire ad avvicinare l’Italia alla media europea, sia in termini di utilizzo del pagamento elettronico, sia di peso dell’economia sommersa […] L’analisi condotta dimostra: l’auto sostenibilità economica di un’azione di incentivazione; l’efficacia dell’incentivo che porterebbe una crescita dei pagamenti digitali di 20 miliardi di euro all’anno facendo superare i 210 miliardi di euro di transato al 2018, avvicinando così l’Italia all’Europa in termini di valore del transato pro capite con carta; l’urgenza dell’azione, in quanto “adesso” è il momento più opportuno per l’adozione di un tale programma per ottenerne il massimo ritorno, a parità di costi».
Mentre i pagamenti di servizi Remote sono già qualcosa di ampiamente utilizzato (bollettini, ricariche e altro ancora), molta più difficoltà è registrata nei pagamenti di prossimità, ove vige un ostacolo ulteriore: i micropagamenti. L’Italia è stata spesso lontana dalle carte proprio per questo motivo: l’assenza di POS (a cui si è fatto fronte con obblighi più o meno rispettati) e l’indesiderabilità dei pagamenti di piccole cifre in cui il margine è eroso completamente dai costi di transazione. Non a caso Webnews ha voluto formulare la propria Query ad Alberto Dalmasso. Satispay, startup italiana che ha reso Cuneo «la città regina del cashless a livello europeo», si sta ampliando a macchia d’olio e rappresenta senza ombra di dubbio la prima vera grande realtà in grado di risolvere tutti i problemi in uno: il POS è un’app gratuita, i micropagamenti sono gratuiti, l’accesso al servizio è gratuito e tutto va nella direzione dei desiderata dell’utenza del nostro paese.
In Satispay c’è insomma esattamente la ricetta identificata dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce: «il mondo dell’offerta deve lavorare su soluzioni attraenti per “ingaggiare” i propri clienti, sia consumatori sia esercenti. Il Mobile, in quanto strumento sempre in tasca e interattivo, può avere un ruolo determinante nella diffusione dei pagamenti digitali. Gli attori dell’offerta hanno però davanti un compito non banale dovendo rendere attraente un servizio di pagamento, associato cioè alla fase del processo di acquisto meno apprezzata dai consumatori». E Satispay altro non è se non uno dei tentativi in atto, emergenza tecnologica che fa appello ad una esigenza sempre più tangibile: la moneta andrà presto o tardi a scomparire portandosi appresso tutto un mondo. Sarà probabilmente la rivoluzione più morbida e radicale mai sperimentata, nonché un incredibile mutamento destinato a lasciare pesanti strascichi a livello economico a chi non ne saprà approfittare nel migliore dei modi.