Il mostro di Frankenstein ideato da Mary Shelley, il mito classico di Pigmalione, la storia del Golem di Praga e il robot di Karel Čapek, che ha coniato la parola: che hanno in comune? Sono tutti citati al primo paragrafo di una proposta europea, non vincolante, che si chiede se sia il caso di cominciare a pensare alle future macchine come dotate di uno status giuridico. Non persone, ma neppure cose inanimate.
In questo preciso momento storico sembra ancora troppo presto, ma in un’ottica futura – tutt’altro che improbabile – se si parte dall’ipotesi che
un robot possa prendere decisioni autonome, scopriremmo che le norme tradizionali non saranno assolutamente in grado di attivarne la responsabilità, in quanto non consentirebbero di determinare dove incomberebbe un eventuale risarcimento per un danno causato, ad esempio, in una fabbrica. Così una mozione parlamentare ha invitato alcune settimane fa la Commissione di Bruxelles a risolvere il problema, e il testo è stato preso decisamente sul serio visto che i produttori di robot hanno iniziato le loro (legittime) pressioni lobbistiche perché non se ne faccia nulla e comunque non subito.
Happy to announce that the draft report on civil law rules on robotics is now online: https://t.co/IetdgdZN0A #robotics #AI @EP_Legal
— Mady Delvaux (@mady_delvaux) June 2, 2016
Le premesse
La relazione presentata dalla commissione giuridica dell’Europarlamento è davvero stupefacente per la semplicità con qui premette alcuni passaggi che ancora oggi sono ignoti oppure spaventano l’opinione pubblica. Nel testo della relatrice Mady Delvaux si fanno alcune premesse. Tutte importanti e concrete.
- Lo sviluppo della robotica e dell’Intelligenza Artificiale è in piena accelerazione. Le richieste di brevetto per le tecnologie
robotiche sono triplicate nel corso dell’ultimo decennio. - Queste tecnologie avranno senza dubbio un impatto gigantesco sul mondo del lavoro. Se in termini di efficienza e risparmio economico, e anche di sicurezza, i robot cambieranno in positivo il manifatturiero, il settore dei trasporti, l’assistenza medica, l’agricoltura, evitando molti dei rischi e dei compiti usuranti o ripetitivi per l’uomo, è altrettanto vero che gran parte del lavoro attualmente svolto dagli esseri umani sarà sostituito, e questo solleva preoccupazioni per il futuro dell’occupazione e la sostenibilità dei sistemi di previdenza sociale.
- È possibile che nel giro di pochi decenni l’intelligenza artificiale superi la capacità intellettuale umana al punto che, se non saremo preparati, potrebbe mettere a repentaglio la capacità degli umani di controllare ciò che hanno creato.
- La capacità di prendere decisioni, per autonomia cognitiva e apprendimento, dei robot del futuro li renderebbe più simili ad agenti dell’ambiente circostante: questo pone il tema della responsabilità giuridica.
- Per affrontare questo scenario è necessario stabilire norme che partano dalla costruzione fino all’individuazione delle responsabilità, cioè codici di condotta che superino il limite di quanto può essere tradotto in codice macchina, ma che coinvolgano anche gli esseri umani nella loro convivenza con le macchine e viceversa.
Uno status giuridico
Stati Uniti, Giappone, Cina e Corea del Sud stanno prendendo in considerazione, e in una certa misura hanno già adottato, atti
normativi in materia di robotica e intelligenza artificiale. Lo dice la relazione invitando il governo europeo a fare altrettanto. Come? Tra le molte idee e precisazioni tecniche, quella che si fa notare è quella più avanguardistica, cioè considerare i robot alla stregua di essere umani; non propriamente, ma per alcune qualità.
È fondamentale, secondo i relatori della commissione, che ci si chieda se non sia il caso di dare ai robot uno status giuridico, di “persone elettroniche”, questo perché altrimenti non si saprebbe da dove cominciare negli infiniti casi legali che ci attendono quando i veicoli autonomi, gli assistenti sanitari, la robotica di riparazione del corpo umano, i droni, saranno parte integrante della vita di centinaia di milioni di persone. Se pensate che sia troppo prematuro, leggete l’articolo dell’avvocato Marco Scialdone, che da tempo studia questo particolare settore della regolamentazione dei comportamenti non umani.
Il concetto espresso dalla mozione per questa sfida etico-legale parte dalla definizione europea comune di robot autonomi intelligenti e delle loro subcategorie: un robot che acquisisce autonomia grazie a sensori e/o mediante lo scambio di dati con il proprio ambiente (interconnettività) e scambio e analisi di tali dati; che ha capacità di autoapprendimento; in presenza di supporto fisico o adeguamento del comportamento e delle azioni all’ambiente.
Tra i principali suggerimenti della mozione c’è costituire un comitato etico europeo che lavori a un quadro di orientamento per la progettazione, la produzione e l’uso di robot; istituire un registro pubblico di immatricolazione dei robot; immaginare uno status giuridico specifico per i robot, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone con diritti e obblighi specifici, compreso quello di risarcire qualsiasi danno da loro causato; creare un fondo per risarcire questi danni. Altra questione complicata.
I produttori storcono il naso
Questo progetto complesso è per ora visto con circospezione dall’industria, che teme sia eccessivamente burocratico e possa arrestare lo sviluppo della robotica. Di che stupirsi, d’altronde? Molta parte del testo è dedicata alla difficile relazione tra chi costruisce robot e chi dovrebbe rispondere delle loro azioni o dei danni derivanti. In assenza di una cornice legale più precisa avrebbe meno ripercussioni sull’industria e si scaricherebbe su utenti e assicurazioni.
La fine del lavoro
L’Europa, insomma, potrebbe presto avere una Carta sulla robotica che definisce i robot e loro caratteristiche, che ne obbliga la registrazione, che individua la responsabilità civile, che garantisca l’interoperabilità, l’accesso al codice e diritti di proprietà intellettuale, che obblighi le imprese a delle informative né più né meno come per molti altri servizi di pubblico interesse. Non solo, ma il testo ipotizza anche un codice deontologico per gli ingegneri che lavorano a questi robot e ai loro software di intelligenza artificiale, basato sulla precauzione e sulla inclusione dei detentori di diritti. Ovvio quindi che sia ritenuto impegnativo per l’industria.
Eppure tutto questo non basta per comprendere l’impatto dei robot sulla società. La questione vera, sulla quale l’economia mondiale non è preparata, è l’occupazione. Basta pensare che nel primo paese al mondo che ha tenuto un referendum per l’introduzione del reddito di base incondizionato per gli umani, la Svizzera (referendum poi uscito sconfitto), si sono usati dei finti robot per immaginare il futuro che ci attende e informare la popolazione.
Nessuno può prevedere con esattezza quanta occupazione verrà assorbita dall’automazione e che in proporzione rispetto ai nuovi lavori creati dalla tecnologia medesima. Ogni profezia potrebbe essere smentita. Quel che è certo è che comunque ci sarà una crisi globale della forza lavoro dovuta a una iniziale carenza generale di manodopera più una disuguglianza tra le competenze che non si è mai vista prima nella storia.