Nell’ampio ventaglio di divisioni che fanno capo ad Alphabet (tra le quali figura anche Google), c’è Sidewalk Labs. Si tratta di una realtà che non ha come obiettivo la realizzazione di servizi da proporre all’utenza nell’immediato futuro, né di prodotti destinati al mercato, bensì di un team che si pone l’ambizioso obiettivo di esaminare alcuni dei problemi che riguardano la vita quotidiana nelle città per trovare soluzioni efficaci.
Fra i temi trattati rientra anche quello legato ai trasporti pubblici. Stando ad un documento riportato sulle pagine del Guardian, il gruppo di Mountain View avrebbe in programma di avviare una sperimentazione nella città di Columbus, nell’Ohio, impiegando il software Flow basato sulle tecnologie cloud per migliorare aspetti come la circolazione degli autobus o la gestione dei parcheggi. Sfruttando le informazioni di geolocalizzazione offerte dalla piattaforma Maps, integrando i dati provenienti dai servizi di car sharing e ride sharing come Uber o Lyft, tenendo conto di elementi come le piste ciclabili e persino offrendo ai privati la possibilità di affittare temporaneamente i propri spazi per la soste dei veicoli, Sidewalk Labs ha intenzione di dar vita ad un modello di mobilità innovativo, evoluto, integrato e pienamente in linea con il concetto di smart city.
Focalizzando l’attenzione in particolare sui parcheggi, secondo una ricerca condotta dall’istituto UCLA di Los Angeles, gli automobilisti in cerca di uno stallo libero sono responsabili del 30% circa del traffico in ambito urbano. Risolvere questo problema significherebbe alleggerire in modo consistente le congestioni con le quali chiunque vive o lavora in città si trova a doversi confrontare quotidianamente.
Tutti gli aspetti già citati, compresi i pagamenti per i biglietti e per altri servizi, verrebbero gestiti all’interno di una sola applicazione, chiamata Flow Transit. La città di Columbus (e tutte quelle che sceglieranno di adottare il modello proposto da Alphabet) riceveranno l’1% delle entrate complessive generate dall’utilizzo dell’app, una somma quantificata in circa 2,25 milioni di dollari ogni anno. Perché una proposta di questo tipo possa essere accolta sarà però necessario affrontare anche la questione relativa alla gestione dei dati: aggregando tutte le informazioni in un solo software, queste si troverebbero per forza di cose a dover passare dai server di Mountain View, una pratica che potrebbe far storcere il naso ai più attenti in fatto di privacy.