A poco meno di una settimana dal voto sulla Brexit, gli scenari politici ed economici del Vecchio Continente appaiono più fragili che mai. Il Regno Unito è stato avvolto da una nuvola di caos, dalle dimissioni di David Cameron fino alle rinate spinte indipendentiste della Scozia. E mentre l’Unione Europea preme affinché il processo di abbandono incominci il prima possibile, con il pronto avvio delle procedure previste nell’Articolo 50, dalle parti di Downing Street si temporeggia. Nel mentre, però, una questione tutt’altro che secondaria si solleva in quel di Bruxelles: con l’uscita del Regno Unito dall’UE, infatti, l’inglese potrebbe non essere più la lingua ufficiale dell’Unione. Non una vendetta di Bruxelles, né un capriccio post-divorzio: tutta colpa di un tecnicismo. E se così fosse, quale idioma sostitutivo potrebbe essere scelto?
La questione è stata resa nota oggi da un intervento apparso su Reuters, poi rilanciato da BusinessInsider. Sebbene l’inglese sia una delle lingue più parlate al mondo, nonché da sempre la più studiata e diffusa in Europa, un piccolo intoppo burocratico potrebbe impedirne il ricorso come ufficiale dell’UE a seguito dell’uscita dal Regno Unito.
Ogni Stato ha il diritto di proporre una lingua ufficiale per l’Unione Europea, purché questa sia effettivamente parlata da uno dei paesi membri. Di primo acchito, si potrebbe allora pensare che la fuga del Regno Unito non imponga grandi questioni, poiché l’inglese è ampiamente diffuso anche in altre nazioni, come ad esempio Irlanda e Malta. Eppure, vi è un inghippo non da poco: Malta ha scelto il maltese come lingua di rappresentanza all’UE, mentre l’Irlanda il gaelico. E anche qualora la Scozia riuscisse a rientrare in Europa coma nazione autonoma, pure quest’ultima ha optato sempre per il gaelico. In altre parole, in mancanza di un membro dove l’inglese è lingua ufficiale, questa decadrebbe definitivamente. Così ha spiegato Danuta Hubner, Presidente della Commissione Affari Costituzionali.
L’inglese è la nostra lingua ufficiale perché scelta dal Regno Unito. Senza il Regno Unito, non avremo l’inglese.
La questione appare più complessa rispetto a quanto possa sembrare. Così come sempre Reuters riferisce, l’inglese potrebbe rimanere come lingua per i lavori del Parlamento, per comodità, ma ufficialmente dovrà essere nominato un altro idioma. Inoltre, i documenti europei potrebbero non poter più includere l’inglese e, sebbene questi vengano già tradotti in 24 lingue, l’uscente Regno Unito dovrebbe provvedere alla traduzione per proprio conto. A meno che il tecnicismo venga modificato, un fatto che potrebbe richiedere all’EU un dispendio non ridotto di risorse, sia umane che economiche, tra commissioni, votazioni e quant’altro.
Ma quale altra lingua potrebbe sostituire quella del Regno Unito? Non sembra esistere un equivalente tanto internazionale quanto l’inglese, poiché scelto in tutto il mondo sia in ambito politico che prettamente sul fronte del business. Di certo lo spagnolo pare abbia tutte le carte in regola per diventare un candidato allettante, considerata la sua ampia diffusione anche fuori dai confini dell’UE, ma anche il tedesco, poiché già scelto ufficialmente da molti membri. Più flebili le possibilità dell’Esperanto, mentre dai social network già giunta l’ironica proposta degli emoji, l’unica lingua a oggi davvero universale. E chissà che la Francia non decida di spingere su questo fronte, considerato come la nazione da sempre adotti logiche molto protezionistiche per la salvaguardia e la promozione del francese. Come andrà a finire è presto per dirlo, ma il cammino linguistico dell’UE sembra oggi più disseminato di ostacoli che mai.