Pinterest sta per dare il via alla monetizzazione feroce della materia prima che da sempre gestisce: le immagini. Il social network si è allocato infatti in posizione ideale tra il mondo delle immagini e quello dello shopping, trasformandosi quasi naturalmente in una sorta di grande catalogo dello stile e del design. Ora, grazie ad un nuovo automatismo all’interno della propria funzione di ricerca visuale, tutto ciò potrebbe concretizzarsi in acquisti e conversioni, generando valore sull’attività che, un pin dopo l’altro, è stata messa a segno in questi anni.
La ricerca visuale è in auge ormai da un anno circa: una piccola icona in sovraimpressione sulle immagini consente di creare una maschera modulabile, con la quale selezionare singoli oggetti. A quel punto una ricerca per affinità va ad elencare le immagini simili, generando una nuova pagina da sfogliare. I risultati non sono però eclatanti: spesso l’analogia è basata sul colore e sui materiali, mentre non sembra prender piede una vera e propria identificazione intelligente dell’oggetto selezionato. Così facendo la ricerca diventa utile per seguire stili o effetti cromatici di proprio interesse, ma non è possibile al tempo stesso utilizzare Pinterest per trovare un prodotto. Quel che mancava a Pinterest, insomma, è esattamente quel che è stato annunciato in queste ore: un meccanismo di traduzione che possa trasformare l’interesse per un oggetto in effettiva ed immediata opportunità di acquisto.
La novità è stata messa a punto grazie ad una elaborazione semantica delle immagini, tale da consentire l’identificazione degli oggetti ritratti per offrire soluzioni similari o addirittura un link diretto alla fonte per l’acquisto immediato. Le fotografie non sono più elaborate dal sistema in quanto sommatoria di pixel, ma in quanto sommatoria di oggetti: l’app è in grado di offrire le singole entità riconosciute nell’immagine, consentendone la scelta per aprire all’utente una serie di opzioni aggiuntive. Grazie alle maschere create dagli utenti ed agli algoritmi che riconoscono particolari regioni di interesse sull’immagine, la fotografia diventa una mappa contenente prodotti: su ogni singolo prodotto può in seguito aprirsi quella che è l’esperienza d’uso dell’app da parte dell’utente.
Il primo raffronto è con il database di oggetti creato a partire da quelli in vendita presso i propri partner (complessivamente 20 mila a livello globale, per un quantitativo complessivo di circa 10 milioni di prodotti catalogati): qualora il prodotto sia stato riscontrato sul database, verrà offerto un link che consente di trasformare l’apprezzamento e l’interesse dimostrati in qualcosa di più solido quale una immediata possibilità di acquisto. Nel caso in cui l’entità non abbia corrispondenze sul database, invece, il risultato della ricerca sarà una serie di prodotti similari, con fedeltà molto superiore rispetto al passato: se in una immagine è ritratta una lampada, il risultato sarà quindi o il negozio che vende la lampada stessa, o una serie di lampade di forma e colori similari. Il vantaggio è oggettivo: tradurre in query una immagine sarebbe complesso e spesso inutile, poiché l’abilità dei motori di ricerca non è tale da consentire l’esplorazione del Web per mezzo di dettagliate descrizioni. La ricerca visuale è dunque un passaggio forzato e al tempo stesso una scorciatoia, soprattutto se, come nel caso di Pinterest, le immagini in archivio sono moltissime e il contesto è quello giusto per dar vita anche ad un business correlato.
Per Pinterest può trattarsi di un salto di qualità fondamentale. Il social network oggi registra milioni di ricerche ogni singolo giorno, ma d’ora innanzi potrà costruire su queste ultime non solo un modello di business, ma anche una nuova forma di fidelizzazione per la propria utenza. Il “catalogo” Pinterest diventa più appetibile e utile e tutto ciò grazie ad approfondite ricerche sull’analisi visuale degli oggetti e delle fotografie. Dietro il social network c’è una forza computazionale non indifferente, insomma, e tutto ciò a fronte di un ulteriore abbassamento dei tempi di reazione dell’app. I risultati saranno chiari tra qualche mese, ma la promessa lanciata alla community non potrà che essere apprezzata.