Apple protegge eccessivamente la privacy dei propri utenti? Sembra esserne convinto John Chen, CEO di BlackBerry, il quale ha deciso di tornare sulla questione a seguito delle critiche rivolte a Cupertino lo scorso dicembre. In occasione di una sessione question-and-answer all’ultimo BlackBerry Security Summit, infatti, il leader della società ha spiegato come il rivale stia perseguendo una politica contraria al bene comune.
Da diversi anni, per Apple la protezione della privacy dell’utente è divenuta un obiettivo imprescindibile per le proprie politiche aziendali. In più di un’occasione, e soprattutto a seguito delle polemiche relative allo sblocco dell’iPhone implicato nella sparatoria di San Bernardino, Tim Cook ha spiegato come non possa sussistere un trade-off tra sicurezza e privacy, ma entrambe devono essere garantite. Per questo motivo la società ha deciso di impiegare, in particolare da iOS 8 in poi, una cifratura end-to-end personale per l’utente, a cui la stessa azienda non ha accesso. Una scelta che negli anni ha trovato il plauso da molte organizzazioni dedite alla privacy online, tra cui l’EFF, ma ha anche generato delle polemiche con organi di polizia ed FBI.
A seguito della mancata partecipazione di Cupertino a un incontro su cifratura e backdoor organizzata dal senatore statunitense John McCain, Chen è tornato nuovamente sulla questione, ribadendo quanto già affermato lo scorso dicembre. A fine anno, infatti, aveva spiegato come società quali Apple “antepongano la loro reputazione a un bene maggiore”, garantendo privacy ma limitando le operazioni di sicurezza. Di seguito, le dichiarazioni al BlackBerry Security Summit:
Uno dei nostri competitor, lo chiameremo “la compagnia dell’altro frutto”, ha un atteggiamento di diniego in merito alle possibili conseguenze sulla società: non vuole essere d’aiuto. Lo trovo preoccupante come cittadino. Credo che BlackBerry, così come ogni altra compagnia, debba mostrare una responsabilità sociale di base. Se il mondo è in pericolo, dobbiamo essere in grado di aiutarlo.
La visione di Chen, il quale tuttavia sembra rifiutare la richiesta di alcuni politici statunitensi di una legge che imponga la società l’inserimento di una backdoor obbligatoria per il recupero di dati personali da parte delle autorità, è una declinazione diversa delle questioni di privacy e sicurezza che hanno caratterizzato l’ultimo anno. Mentre la gran parte del mercato si sta spingendo verso cifrature sempre più restrittive, basti pensare come la gran parte dei servizi di messaggistica offra oggi una crittografia end-to-end, Chen ritiene che l’obiettivo primario da salvaguardare sia quello della sicurezza e del benessere comunque, anche qualora richieda qualche rinuncia sul fronte della privacy.
La posizione di Apple, nonché quella dominante fra le altre società tecnologiche, è però ben diversa. È certamente necessario collaborare con le autorità in caso di gravi questioni per la sicurezza nazionale, non a caso la stessa Mela aiuta le agenzie federali statunitensi e gli altri organismi internazionali quando è nelle sue possibilità farlo, ma le aziende non possono allo stesso tempo trasformarsi in organi di polizia. Le varie compagnie dovrebbero rimanere neutrali in merito agli usi che i clienti fanno dei loro dispositivi, non ne possono essere considerate corresponsabili, inoltre le necessità di sicurezza non possono andare a diretto discapito del legittimo diritto alla privacy. Al momento, Apple non ha voluto rispondere apertamente alle questioni sollevate dal rivale: non resta che attendere, di conseguenza, eventuali comunicati.