Quale può essere la leva su cui costruire la transizione energetica che dovrà spostare gli equilibri attuali nei necessari riequilibri dell’energia del futuro? Eni sembra avere le idee chiare in merito ed a parlarne è stato l’amministratore delegato Claudio Descalzi in occasione della ESG Presentation di Parigi organizzata per incontrare la comunità finanziaria. La chiave è in una parola utilizzata più volte durante la presentazione: “lungo periodo“. Ragionare per il lungo periodo significa accettare una necessaria mutazione progressiva, ma al tempo stesso fissare obiettivi ambiziosi da perseguire e monitorare anno dopo anno. Una visione di lungo periodo diventa così immediatamente un progetto esecutivo di breve gittata, che fissa i primi obiettivi già a cadenza annuale per raggiungere quella che è la frontiera ultima: un modello energetico sostenibile ed efficiente.
Siamo un’impresa dell’energia. Lavoriamo per costruire un futuro in cui tutti possano accedere alle risorse energetiche in maniera efficiente e sostenibile. 6 Fondiamo il nostro lavoro sulla passione e l’innovazione. Sulla forza e lo sviluppo delle nostre competenze. Sul valore della persona, riconoscendo la diversità come risorsa. Crediamo nella partnership di lungo termine con i Paesi e le comunità che ci ospitano.
Massimizzazione dell’accesso all’energia e, al tempo stesso, lotta al cambiamento climatico sulla base degli obiettivi fissati a Kyoto prima ed a Parigi poi. Al netto di ogni romantico idealismo, infatti, occorre fare i conti con la realtà: «se si intende raggiungere l’obiettivo di mantenere l’incremento della temperatura globale al di sotto dei due gradi, non sarà possibile soddisfare la crescente domanda di energia e diffonderne l’accessibilità con l’attuale mix energetico». Non è dunque possibile sostenere la crescita economica, soprattutto laddove maggiore è la domanda di opportunità in virtù di una situazione di partenza di maggior povertà, senza incappare nella necessaria riduzione dell’impatto ambientale a cui si sta invece cercando di approdare.
La soluzione non può essere improvvisata né sbilanciata da percorsi basati su valutazioni superficiali: occorre stabilire un modello ed i relativi obiettivi, ponendo a capo di tutto il mantra del “lungo periodo” per poter operare nella corretta direzione. Il rischio è altrimenti quello di perdere di vista la complessità della situazione, penalizzando di volta in volta tecnologie, economie o equilibri sociali che possono invece contribuire al perseguimento delle medesime modalità. Il modello identificato dal cane a sei zampe può a buona ragione essere ribattezzato “modello Eni”, evoluzione di quel “modello Mattei” che da sempre si annida nel DNA del gruppo.
Il modello integrato Eni
Il modello presentato da Claudio Descalzi si basa su tre colonne portanti:
- Cooperazione: il tentativo è quello di stringere un rapporto diretto e costruttivo con le realtà locali, tentando di ridurre le disuguaglianze socio-economiche per far sì che il vantaggio ricavato dai vari insediamenti possa essere condiviso con quanti appartengono al territorio e ne custodiscono le materie prime; produrre energia per il mercato domestico, contribuire alla diversificazione del mix energetico (così come appena annunciato in Egitto), promuovere programmi di sviluppo agricolo, assieme al trasferimento continuo di know-how e tecnologia alle comunità locali, rappresentano meccanismi consolidati per costruire presenze di lungo periodo e reciproca responsabilizzazione per il consolidamento nel tempo di tale rapporto;
- Operatività: l’abbattimento del “Total Recordable Injury Rate” che misura il tasso di sicurezza dei lavoratori e il taglio continuo delle emissioni da gas flaring delineano un impegno già incarnato nei recenti progetti dell’azienda: raggiungere 0 infortuni e 0 emissioni di gas flaring entro il 2025 significa sì guardare al lungo periodo, ma anche tracciare una parabola discendente che inizia dal passato, ha raggiunto livelli in linea con le aspettative e punta all’annullamento complessivo nel giro di un decennio circa;
- Decarbonizzazione: rispetto al 2010 il gruppo ha tagliato del 28% le proprie emissioni ed entro il 2025 punta ad una riduzione pari al 43%; tutto ciò si affiancherà ad un portafoglio progetti a basso potenziale di emissioni, promuovendo fortemente l’uso del gas «come fonte di transizione per la generazione elettrica e di alimentazione per il trasporto». L’accordo firmato in Egitto ricalca esattamente questo imprinting: in un mondo che si sposta con sempre maggior convinzione sull’elettrico, ma all’interno di una produzione disomogenea giorno/notte fornita dal fotovoltaico, «La combinazione gas-rinnovabili rappresenta la soluzione ideale verso un futuro energetico a basso contenuto di CO2 e la soluzione più efficace per eliminare il carbone nella generazione elettrica».
Il modello Eni vede il gas come protagonista assoluto in una fase di transizione destinata a prolungarsi non poco. La domanda globale è infatti destinata ad aumentare fortemente nel prossimo ventennio, il che deve essere affrontato con estremo pragmatismo: il trade-off tra ambiente e povertà non consente alternative alla scelta di un modello di transizione che funga da compromesso accettabile, sostenibile e applicabile. Di qui la scelta, supportata dai dati e argomentata da strategie di lungo corso:
Il gas rappresenta il miglior partner possibile per le rinnovabili nella transizione verso un futuro di energia sostenibile: dal punto di vista ambientale, le centrali elettriche alimentate a gas sono più efficienti e producono circa la metà delle emissioni di CO2 delle centrali a carbone; in termini di costi, il gas è una risorsa altamente competitiva, oltre che affidabile e sicura ed è quindi la migliore fonte energetica in grado di alimentare il sistema elettrico con significativa flessibilità. Il gas è anche largamente disponibile e facilmente accessibile. Oggi il 58% del portafoglio Eni è rappresentato da progetti legati al gas.
Le fonti rinnovabili sono al centro di questo modello poiché rappresentano il punto di approdo dell’intero percorso. Se oggi non rappresentano ancora una alternativa sufficiente e completa, la loro alternanza al gas può invece rappresentare il mix ottimale per consentire il perseguimento degli obiettivi preposti. Tanto in Italia quanto in Pakistan, così in Egitto come in Algeria, Eni ha già avviato progetti da centinaia di MWp di produzione, tagliando 0,3 Mton di CO2 all’anno per il prossimo ventennio. Il gas per ridurre l’attuale “carbon footprint” ed abilitare una efficace fase di transizione, le rinnovabili per pensare fin da ora al lungo periodo ed all’annullamento delle emissioni: un mix ponderato, che eviti ogni strappo e che consenta di sposare tanto l’aumento della domanda di energia (evitando che si sposti sul carbone minando gli obiettivi di Parigi), quanto la volontà di arrivare ad un minor quantitativo di emissioni.
“Long term”, vera sostenibilità
Quando analizzata in un’ottica di lungo periodo, la parola “sostenibilità” assume un valore più completo, a tutto tondo. Dietro al concetto si cela infatti il dogma della durata, il che impone un equilibrio massimo tra tutte le componenti più significative. La sostenibilità economica non può prescindere da quella ambientale, così come da quella sociale. Ogni aspetto deve pertanto essere analizzato e affrontato con progetti mirati e una visione olistica di quello che è un lavoro che per definizione vuole durare. Pensare al lungo periodo significa proiettare sull’oggi le responsabilità derivanti dagli obiettivi di domani.
Pensare al lungo periodo significa anzitutto definire una identità aziendale, raccontando quest’ultima attraverso piani progettuali. Il “fare” che definisce il “voler essere”, quindi, all’interno di un quadro globale in profonda mutazione nel quale occorre intraprendere scelte immediate pensando all’impatto che avranno tra molto, molto, tempo.