Samsung ha interrotto la produzione del Galaxy Note 7 e si prepara a distruggere tutte le unità restituite dagli utenti. Rimangono però ignote le cause che hanno provocato il surriscaldamento e l’esplosione delle batterie. In attesa della spiegazione ufficiale da parte del produttore coreano, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, gli esperti del settore hanno proposto diverse teorie sull’accaduto.
I primi problemi, che hanno portato al richiamo di inizio settembre, erano stati segnalati a fine agosto. In quell’occasione, la colpa era stata attribuita alle batterie prodotte da Samsung SDI. Purtroppo anche i nuovi phablet con le batterie fornite da ATL (Amperex Technology Limited) hanno la tendenza ad esplodere, quindi Samsung ha deciso di interrompere per sempre la produzione. Nel primo caso, l’azienda coreana aveva dichiarato che il problema era dovuto al contatto da anodo a catodo, mentre nel secondo caso gli ingegneri non sono riusciti ad identificare le possibili cause.
Gli esperti ritengono che il Galaxy Note 7 sia stato progettato male e che la combustione spontanea del phablet sia dovuta ad una combinazione micidiale di fattori. Innanzitutto, sia le batterie di Samsung SDI che quelle di ATL sono leggermente troppo grandi per lo spazio a disposizione all’interno dello smartphone. Rispetto al Galaxy Note 5, il design è stato inoltre modificato, applicando una doppia curvatura (su entrambi i alti) per ottenere un profilo simmetrico.
Nel punto più stretto (0,5 millimetri) ai lati del phablet, gli strati isolanti che separano anodo e catodo sono troppo vicini, quindi possono entrare in contatto, innescando un corto circuito e l’esplosione della batteria. A questo si aggiunge la tecnologia di ricarica rapida. Secondo alcuni, Samsung avrebbe incrementato la velocità di carica oltre la soglia di sicurezza che la batteria è in grado di gestire. Il risultato è noto a tutti: il Galaxy Note 7 è ormai considerato il più grande “epic fail” della storia.