Android favorisce un clima di sana competitività e non una minaccia alla libera concorrenza del mercato. È questa, in estrema sintesi, la risposta fornita da Google alla Commissione Europea e relativa al caso che vede gli occhi di Bruxelles puntati sul sistema operativo del robottino verde. Non c’è di fatto alcun abuso di posizione dominante, sostiene bigG, nonostante la quota di market share detenuta dalla piattaforma nel vecchio continente sia di gran lunga superiore rispetto a quella dei competitor (rappresentati ormai quasi esclusivamente da iOS).
Android non ha danneggiato la concorrenza, al contrario l’ha accresciuta.
A spiegarlo nel dettaglio è Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel di Google, con un intervento dettagliato e approfondito condiviso sulle pagine del blog ufficiale europeo. Da Mountain View arriva quello che di fatto può essere inteso come un ribaltamento dell’impianto accusatorio. A fronte di una tesi secondo la quale l’azienda californiana forzerebbe i partner OEM e gli operatori che si occupano della realizzazione, della commercializzazione e della distribuzione dei dispositivi a favorire le proprie applicazioni e i propri servizi, bigG replica capovolgendo completamente la prospettiva.
Nessun produttore è obbligato a preinstallare alcuna app di Google su un telefono Android, ma offriamo ai produttori una suite di app in modo che quando acquistate un nuovo telefono possiate accedere a un insieme già noto di servizi di base.
La questione app
Mediamente, solo un terzo delle app preinstallate al momento dell’acquisto è legato ai servizi di Google, queste possono essere in qualunque momento disabilitate dagli utenti e occupano un quantitativo ridotto di spazio nella memoria interna. Inoltre, i produttori sono liberi di aggiungere applicazioni concorrenti senza alcuna limitazione. Così sostiene bigG.
Molte applicazioni preinstallate non hanno successo e molte invece sono diventate di grandissimo successo perché scaricate dagli utenti, pensate a Spotify o Snapchat. L’approccio che abbiamo tenuto rispetto alla nostra suite di app mantiene esplicitamente inalterata la libertà degli utenti di scegliere le app che preferiscono sui loro telefoni.
Google sottolinea come, il debutto della piattaforma nel 2007, abbia contribuito a rendere gli smartphone uno strumento accessibile a tutti, attraverso il quale stimolare l’innovazione e ampliare le opportunità di scelta offerte ai consumatori (un concetto già affrontato pochi giorni fa nella risposta di bigG relativa al caso shopping). Oggi si trovano in commercio device a prezzi molto bassi, già a partire da 45 euro secondo l’azienda: più di 24.000 modelli di oltre 1.300 marchi, mediante i quali gli sviluppatori possono offrire le loro app ad un miliardo di persone in tutto il mondo.
La replica di Mountain View allo Statement of Objections dell’aprile scorso mira a dimostrare come l’obiettivo di Android sia quello di bilanciare in modo attento gli interessi di tutti i protagonisti del panorama mobile: utenti, sviluppatori, produttori e operatori. Secondo Google, rendere disponibili app come Ricerca Google e Play Store consente di offrire l’intera suite senza comportare alcuna spesa aggiuntiva, evitando così di dover addebitare costi di licenza, mantenendo contenuto (o comunque ridotto) il prezzo finale dei dispositivi e permettendo di finanziare gli investimenti necessari a portare avanti il progetto Android.
I dispositivi mobili oggi mostrano tutti i segni di una forte concorrenza con un’ampia gamma di modelli di business: dai sistemi operativi integrati verticalmente come iOS di Apple ai sistemi open source come Android. La rapida innovazione, l’ampia possibilità di scelta e il calo dei prezzi degli smartphone rappresentano i tratti distintivi di una forte concorrenza.
Android e Apple
L’intervento di Walker cita direttamente la mela morsicata, parlando di una concorrenza de facto tra Android e Apple (si presti attenzione, non iOS), invece non considerata dalla Commissione Europea. Un’indagine di mercato rivela una percezione differente da parte dell’utenza, con l’89% che vede una competizione tra le due realtà.
La frammentazione
Molto interessante il punto in cui si tocca un tasto importante e delicato per Android: quello relativo alla frammentazione. Google non nasconde il problema e ne identifica la causa proprio nella natura aperta della piattaforma: qualunque partner può prenderne il codice e modificarlo a piacimento, per poi installarne una versione personalizzata sui dispositivi da destinare al mercato. Questo rende spesso difficoltoso procedere al rollout degli aggiornamenti alle nuove versioni, ma bigG si è assunta la responsabilità di garantire agli sviluppatori un framework stabile e coerente su cui lavorare, per evitare un inutile dispendio di tempo, risorse e il rischio di problemi legati all’incompatibilità tra le varie edizioni del sistema operativo e il codice delle applicazioni.
I nostri accordi di compatibilità volontari rendono possibile la varietà, offrendo allo stesso tempo agli sviluppatori la tranquillità di creare applicazioni che funzioneranno senza problemi su migliaia di telefoni e tablet diversi. Questo equilibrio stimola la concorrenza tra diversi dispositivi Android, così come tra Android e iPhone di Apple.
La fragilità dell’open source
In chiusura, Walker invita la Commissione Europea a rivedere i propri intenti e ridefinire le proprie posizioni, perché un intervento sugli equilibri e sulle delicate dinamiche che regolano la crescita e l’esistenza di una piattaforma aperta come Android potrebbe finire per generare un effetto diametralmente opposto a quello auspicato, ovvero danneggiare la concorrenza anziché favorirle, con ovvie conseguenze negative per tutti.
Tuttavia le piattaforme open source sono fragili. Sopravvivono e crescono bilanciando le esigenze di tutti i partecipanti, inclusi gli utenti e gli sviluppatori. L’approccio della Commissione sconvolgerebbe questo equilibrio e trasmetterebbe un messaggio non intenzionale a favore delle piattaforme chiuse rispetto a quelle aperte. Ciò comporterebbe minore innovazione, minore scelta, minore competizione e prezzi più alti. Non sarebbe un cattivo risultato solo per noi, sarebbe un cattivo risultato per gli sviluppatori, per i produttori di telefoni e i carrier e, ancora più importante, per i consumatori.