Forse gli androidi non sognano pecore elettriche, per citare il romanzo di Philip K. Dick a cui è ispirata una pellicola cult come Blade Runner, ma di certo da oggi il mondo onirico e l’intelligenza artificiale hanno un punto di contatto. DeepMind, il team di Google specializzato in sistemi di machine learning (già autore del sorprendente AlphaGo) ha scelto un approccio decisamente particolare per istruire la propria IA.
Nome in codice Unreal (per esteso Unsupervised Reinforcement and Auxiliary Learning), è un complesso insieme di algoritmi in grado di affrontare il gioco Labyrinth in maniera dieci volte più efficace rispetto alle altre intelligenze artificiali. La sfida consiste nell’esplorare un labirinto virtuale generato in maniera random accumulando punti ogni volta che si raccoglie una mela. L’abilità di Unreal è pari all’87% di quella di un giocatore umano esperto e allenato.
Come è stato raggiunto un risultato di questo tipo? Istruendo l’IA con un approccio simile alle dinamiche che regolano il modo di sognare degli animali, affinché potesse rivivere e rielaborare quanto accaduto nelle partite già svolte, apprendendo dai propri errori e comprendendo quali comportamenti conducono ad una ricompensa e quali altri invece portano a conseguenze negative.
Non solo: i ricercatori di DeepMind hanno anche adottato un metodo che può essere in qualche modo paragonato a quello impiegato dai neonati per iniziare ad interagire con il mondo che li circonda, quando sono ad esempio attirati da oggetti colorati o da suoni piacevoli. Unreal è così mosso da una sorta di curiosità digitale che ne definisce il comportamento, attuando un processo cognitivo e decisionale proprio dell’essere umano nelle sue prime fasi di vita.
Al momento è presto per immaginare un’applicazione pratica e concreta nel mondo reale di un sistema simile. Si tratta pur sempre di un progetto sperimentale, comunque importante per capire quali siano gli enormi progressi che si stanno registrando nel territorio dell’intelligenza artificiale.