Qualcosa sta cambiando nel panorama della mobilità. La metamorfosi è inevitabile, innescata dall’avvento di tecnologie ad alto tasso innovativo e dal nascere di nuove esigenze. In un contesto dove il concetto di usership va intaccando l’idea profondamente radicata di dover possedere un mezzo per muoversi e dove un approccio intermodale agli spostamenti offre indubbi vantaggi per la collettività, si inseriscono nomi come quello di Uber.
Il gruppo è già stato preso di mira più volte, anche in Italia. Il motivo è presto detto: opera in un territorio fossilizzato, regolato da norme stabilite decenni fa, quando nessuno avrebbe potuto immaginare le evoluzioni odierne. Ecco dunque che chi svolge un’attività come quella del tassista sente minacciato il proprio business dall’arrivo di un player che opera in modo differente, non sottoposto alle stesse rigide imposizioni. Da un certo punto di vista, la nascita di realtà come Uber non ha fatto altro che accelerare un processo comunque inevitabile, forzando a mettere sul tavolo un confronto oggi necessario e non più procrastinabile.
Più di una semplice app?
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si riunirà domani, martedì 29 novembre, per decidere su una questione di fondamentale importanza, come definire e catalogare l’attività di Uber: servizio digitale o compagnia di trasporti? Non si tratta solo di stabilire un’etichetta.
La stessa azienda, così come buona parte dei suoi sostenitori, spinge perché si arrivi ad adottare la prima opzione. Questo garantirebbe alla società di continuare ad operare come fatto fino ad oggi, conformandosi come una piattaforma che si limita a mettere in contatto chi trasporta con i clienti. Un intermediario, insomma. In molti vorrebbero invece veder Uber incasellato dal punto di vista legale nello stesso quadro normativo a cui devono sottostare, ad esempio, i tassisti e le compagnie private che si occupano di trasporti.
La decisione è affidata ai 15 giudici che si riuniranno domani a Bruxelles, di fronte ad una platea di 200 tra addetti ai lavori e rappresentanti della stampa internazionale. L’appuntamento si inserisce all’interno di un procedimento legale aperto nel 2014 in Spagna, con la denuncia nei confronti di Uber (più precisamente di UberPOP) da parte della più grande società di taxi dell’area iberica.
In ogni caso, il verdetto lascerà qualcuno scontento e genererà nuovi elementi sulla base dei quali proseguire nella discussione. Da una parte paesi come Finlandia, Polonia, Grecia e la EFTA (European Free Trade Association) si sono schierati più o meno apertamente al fianco della piattaforma. Dall’altro Spagna, Francia e Irlanda premono affinché il gruppo sia trattato al pari delle aziende di trasporto più tradizionali.
Non solo Uber
Nel caso fosse quest’ultima volontà a prevalere, la decisione potrebbe avere ripercussioni anche al di fuori dell’ambito della mobilità. Potrebbe ad esempio costituire un precedente per ridefinire l’attività di piattaforme come Airbnb, che di fatto si limita a mettere in contatto gli host con le persone da ospitare, generando profitti da una quota sulla transazione economica tra le parti.