Il mantra del cambiamento può essere la trasfigurazione tecnica del profumo dell’innovazione? Può esserlo, deve esserlo. E la cosa è tanto più avvertibile quanto più viene ad impattare su ambiti che da tempo guardano al cambiamento come al momento per svoltare e abbracciare definitivamente il futuro.
Un caso emblematico è la Raffineria di Venezia dove oggi Eni produce il nuovo Green Diesel.
Sino a non poco tempo fa, questa realtà industriale era legata strettamente al petrolio ed alla produzione di una vecchia generazione di carburanti. Un’infrastruttura di vecchia concezione che si portava appresso i problemi ed il peso del passato, ma soprattutto un centro che con la crisi delle raffinerie nel 2011 fu sull’orlo della chiusura definitiva con la messa in cassa integrazione del personale. Ancora una volta, però, è stata l’innovazione a mettere in luce l’opportunità che si celava dietro il rischio.
E la storia ha preso una nuova piega.
Il “vecchio" stava per diventare definitivamente obsoleto, cosa che avrebbe trasformato la raffineria in un deserto abbandonato. Un luogo spettrale che avrebbe fatto triste compagnia alle molte raffinerie chiuse ed abbandonate in giro per il mondo. Ma il “vecchio" poteva diventare infrastruttura su cui far sorgere il “nuovo" e così è stato: l’idea è quella di puntare sulla produzione di biocarburanti di alta qualità partendo da oli vegetali e biomasse. Lo richiedevano sempre di più il mercato e soprattutto le nuove normative europee, del resto. La scelta di Venezia è stata logica: l’infrastruttura c’era già ed andava solamente riconvertita ed adeguata alla nuova produzione. Un iter rapido, peraltro, perché in soli 6 mesi di lavoro la raffineria è tornata operativa. Un processo, inoltre, molto meno costoso di quello che si sarebbe dovuto affrontare nel realizzare un impianto partendo da zero.
Al “vecchio" è stata semplicemente inserita una nuova proprietà intellettuale che oggi è asset a disposizione del cane a sei zampe per una possibile applicazione internazionale: il frutto della ricerca scientifica del gruppo ha consentito di trasformare la raffineria in un laboratorio di nuova concezione, da cui far uscire un nuovo prodotto che rappresenta una soluzione per il conseguimento degli obiettivi internazionali relativi al taglio delle emissioni nel breve periodo.
La conversione e la riattivazione della raffineria di Venezia hanno fatto si che della riconversione ne beneficiasse anche l’intero indotto. Il personale ha potuto tornare ad operare, così come fornitori e tutti coloro che gravitano attorno ad un’infrastruttura complessa come quella di una raffineria. Svecchiarne l’immagine e la percezione pubblica è il primo passo verso un riavvicinamento con il territorio, cosa che un progetto come l’Open Factory facilita: i tour negli impianti veneti sono stati sfruttati in massa dai cittadini locali, i quali hanno voluto vedere da vicino cosa stesse succedendo e quali fossero le prospettive dell’impianto.
Il progetto Eni (tra i molti aperti al pubblico durante la giornata “Open Factory" del 27 novembre), il primo al mondo di questa portata e di questa tecnologia, si candida come esempio principe di come gli investimenti nell’innovazione pagano: in un momento di forte compressione del mercato del petrolio, il gruppo ha investito in innovazione arrivando a risultati di eccellenza. Il green diesel che uscirà dagli stabilimenti di Porto Marghera saranno il frutto di questo approccio e il risultato ciclico che le crisi economiche comportano: la vittoria della ricerca e dell’innovazione sui modelli obsoleti e sugli asset che rischiano altrimenti di diventare un peso per l’azienda che li ha in carico.