Netflix, il colosso dello streaming mondiale, non ospita sulla sua piattaforma unicamente produzioni autoctone, ma anche serie TV, documentari e film di terze parti. Negli anni, in molti si sono chiesti quali siano i criteri impiegati dalla società sul fronte dell’acquisizione dei diritti, quali fattori determinino l’interesse verso alcune produzioni e il completo rifiuto di altre. A rivelarlo è oggi un filmmaker indipendente, il quale è di recente entrato in contatto con il leader dello streaming: Netflix si affiderebbe unicamente a un algoritmo.
L’indiscrezione arriva da Craig Atkinson, un filmmaker specializzato in documentari, a seguito di un’intervista rilasciata qualche settimana fa a Business Insider. A quanto sembra, il documentarista avrebbe negoziato con Netflix l’acquisizione dei diritti per una sua produzione, relativa alla militarizzazione negli Stati Uniti, scoprendo come Netflix avesse già stabilito prezzi e accordi prima ancora di poter completamente visionare il materiale. Stando a quanto i legali di Atkinson avrebbero confermato al regista, il colosso dello streaming determinerebbe la propria spesa, e il conseguente interesse verso produzioni di terze parti, facendo unicamente affidamento su un algoritmo.
Il legale di Netflix ha spiegato al mio avvocato come sia stato un algoritmo ad aver determinato il prezzo del film e, proprio poiché questo algoritmo determina quanto un film potrebbe valere, non vi è stato praticamente spazio per una discussione.
Sebbene regista e legali siano comunque riusciti ad aggiungere un 100.000 dollari rispetto a quanto inizialmente proposto da Netflix, l’accordo non è poi andato a buon fine, poiché il documentarista non ha voluto rinunciare al controllo creativo sulla pellicola.
Così come sottolinea Quartz, Netflix non ha voluto commentare l’indiscrezione in questione, di conseguenza non è dato sapere se l’algoritmo effettivamente esista e, ancora, se sia l’unico elemento preso in considerazione dal gruppo per l’acquisizione di uno show. In ogni caso, sempre Quartz suggerisce come l’idea di un algoritmo potrebbe giustificare alcune delle scelte insolite prese da Netflix nell’ultimo anno, quali i passi indietro su “The Grand Tour”, poi conquistato da Amazon, e i 13 milioni di dollari a episodio per la serie “The Crown”.