Barack Obama ha deciso di commutare la pena di Chelsea Manning, l’ex militare americano (nel frattempo entrato in un percorso di cambiamento di sesso), che per primo rivelò informazioni top secret sulle missioni americane a Wikileaks. Chelsea sarà liberata il 17 maggio, in anticipo di 28 anni rispetto alla pena. Ora tutti si chiedono che farà Julian Assange, l’uomo che ha messo sé stesso sul piatto accettando l’estradizione in Usa in cambio della liberazione della whistleblower.
Manning, ex analista in Iraq, è stata arrestata sei anni fa e condannata a 35 anni di carcere con l’accusa di aver passato documenti militari riservati a Wikileaks: più di 700.000 report, video, lettere diplomatiche, la più grande violazione di materiale classificato dell’intera storia americana. Si trattò all’epoca del più incredibile scandalo dai tempi del Watergate (il mondo potè vedere il video di un elicottero Apache uccidere una dozzina di persone innocenti durante un’operazione in Iraq) e l’opinione pubblica mondiale imparò termini come leaks e whistleblower. I documenti rilasciati da Wikileaks in questi anni hanno riguardato molto spesso la politica internazionale degli Stati Uniti, sia nelle missioni di guerra e di pace, sia nelle relazioni diplomatiche. Il pessimo rapporto tra Assange e l’epoca obamiana nasce proprio dai famosi cablogrammi nei quali era coinvolta anche Hillary Clinton e nei mesi successivi alle rivelazioni Wikileaks si trovò abbandonata e anche ostacolata dagli OTT della Silicon Valley. Periodo che Assange non ha più dimenticato, tanto da aver dedicato al rapporto tra Google e la politica estera americana un libro con all’interno critiche pesantissime.
If Obama grants Manning clemency Assange will agree to US extradition despite clear unconstitutionality of DoJ case https://t.co/MZU30SlfGK
— WikiLeaks (@wikileaks) January 12, 2017
VICTORY: Obama commutes Chelsea Manning sentence from 35 years to 7. Release date now May 17. Background: https://t.co/HndsbVbRer
— WikiLeaks (@wikileaks) January 17, 2017
In questo quadro tra il personale e il politico, a sua volta incrociato con una cyberwarfare assai intricata, va letta la decisione di Obama, che arriva dopo due tentativi di suicidio di Manning in carcere, costretta da transgender in un penitenziario maschile e sottoposta a uno stress inumano. Da anni gli attivisti ne chiedevano la liberazione, o quantomeno un gesto che potesse alleviare le sofferenze peggiori della persona che ha sempre spiegato di aver rivelato quei documenti perché sconvolta dalle vittime civili sul campo coperte dai militari. Un altro whistleblower, Edward Snowden, ha più volte lanciato appelli al presidente Obama, l’ultimo pochi giorni fa.
Mr. President, if you grant only one act of clemency as you exit the White House, please: free Chelsea Manning. You alone can save her life.
— Edward Snowden (@Snowden) January 11, 2017
Let it be said here in earnest, with good heart: Thanks, Obama. https://t.co/IeumTasRNN
— Edward Snowden (@Snowden) January 17, 2017
Difficile dire quanto l’appello di Snowden e la promessa di Assange di consegnarsi agli Usa lasciando l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, abbiano influito sulla decisione del presidente uscente; quel che è certo è che ora tutto passa nelle mani del peggiore presidente possibile, Donald Trump, il quale, almeno a parole, non è certo appassionato di diritti civili e ha definito gente come Manning e Snowden dei “traditori che andrebbero fucilati”.
Snowden should come back to America and face justice. Instead, he is begging for clemency from Moscow. Treat him as a spy.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 2, 2014
I hope people are looking at the disgraceful behavior of Hillary Clinton as exposed by WikiLeaks. She is unfit to run.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) October 11, 2016
E qui esplode la contraddizione: da un lato, il neo presidente repubblicano ha una base elettorale e dei dirigenti falchi che non vogliono sentir parlare di questi “spioni”; dall’altro, Trump è chiaramente influenzato da Putin e si è fatto forza durante la campagna elettorale delle rivelazioni sulle mail della Clinton, che forse l’hanno fatto vincere, così come anche di recente è stata Wikileaks a venire in soccorso del presidente a proposito di un chiacchieratissimo report dell’intelligence americana che dipingeva il tycoon come ricattabile dagli ambienti russi.
Forse che Julian Assange sia consapevole di questo e abbia forzato Obama, promettendo di consegnarsi? Attratto dal mettere in difficoltà l’odiato Trump – che dovrà gestire un processo sullo spionaggio da cui potrebbe anche uscire con le ossa rotte – Obama potrebbe essere stato influenzato, mentre lo stesso Trump non sembra preoccupare Assange quanto invece lo preoccupavano i democratici. Queste però sono solo supposizioni, più grandi di noi, più grandi delle verità ufficiali e delle notizie dei giornali.
Più grandi anche di Chelsea Manning, finalmente libera.