Quando Uber ha parlato del progetto Elevate, finalizzato alla realizzazione di un’auto volante da impiegare in città per evitare il traffico, faceva sul serio. Oggi il colosso del ride sharing annuncia di aver messo a capo della divisione un ex ingegnere NASA, Mark Moore, già al lavoro nel Langley Research Center dell’agenzia statunitense in Virginia come Chief Technologist for On-Demand Mobility.
Si tratta di un velivolo di tipo VTOL (Vertical Takeoff and Landing), ovvero a che a differenza di quelli tradizionali non ha bisogno di una pista per il decollo né per l’atterraggio. Il suo funzionamento, in qualche modo, è ispirato a quello dei droni. Sarà una soluzione destinata all’ambito urbano, soprattutto a coloro che ogni giorno trascorrono molto tempo in coda, da e verso il luogo di lavoro, incolonnati.
Moore non è nuovo a tecnologie di questo tipo: nel 2010 ha pubblicato un documento in cui illustra i vantaggi derivanti dall’impiego di un’evoluzione della mobilità che sappia sfruttare anche la dimensione verticale. Uno studio dall’effetto dirompente, tanto da ispirare Larry Page di Google, che in seguito ha deciso di investire nelle startup Zee Aero e Kitty Hawk, focalizzate proprio su questo ambito.
Non riesco a immaginare un’altra azienda in una posizione migliore per giocare un ruolo da leader in questo nuovo ecosistema, rendendo i veicoli urbani VTOL una realtà.
Le auto volanti di Uber saranno mosse esclusivamente da motore elettrico, abbattendo così il volume di emissioni inquinanti. Per quanto riguardale batterie equipaggiate, l’autonomia prevista dovrebbe attestarsi fra i 50 e i 100 Km con una sola ricarica. Ovviamente, perché un mezzo di questo tipo possa essere impiegato nelle aree pubbliche per il ride sharing, servirà un adeguamento delle normative vigenti, un po’ come attualmente sta accadendo per le self-driving car.