Fare innovazione non significa solo investire nella progettazione di dispositivi e prodotti capaci di imporsi sul mercato, ma anche formare coloro che andranno a utilizzarli: solo così una tecnologia può esprimere tutto il proprio potenziale. È la visione di HP, che ha scelto di puntare sulla formazione per creare un ecosistema virtuoso, capace di mettere in contatto le aziende, gli operatori, i clienti e le future generazioni.
Intervista a Tino Canegrati
Ne abbiamo parlato con Tino Canegrati, VP & Managing Director di HP Italy. Una chiacchierata piena di spunti interessanti, che verte in primo luogo sui programmi attuati dal gruppo e destinati all’ambito educativo, con iniziative che riguardano da vicino anche il nostro paese. È stata l’occasione perfetta anche per confrontarsi su tematiche come quella riguardante le stampanti 3D, una tecnologia che ancora oggi fatica ad esprimere appieno il proprio potenziale, così come sull’ecosistema mobile, un territorio in cui l’azienda ha riscontrato un forte interesse nei confronti di soluzioni che assottigliano il divario che separa il PC tradizionale dagli smartphone.
Formazione (↑)
I progetti messi in campo da HP relativi alla formazione nascono da uno spunto dell’azienda stessa o da un’esigenza manifestata dalle realtà professionali?
HP è una realtà che fa dell’innovazione tecnologica la propria bandiera, per questo diventa quasi un nostro dovere promuoverla nei territori in cui lavoriamo. Ciò si traduce non solo nel vendere prodotti, ma anche nell’educare al loro utilizzo. Essere leader in un settore non significa solamente controllare la quota più grande di market share, ma anche saper contribuire alla sua evoluzione, alla creazione di un ecosistema che possa essere di beneficio su più livelli, anche dal punto di vista culturale.
Si tratta dunque di uno spunto che arriva da HP. L’iniziativa di formazione che in Italia riguarda l’istituto romano Centro di Formazione Grafica Pio XI, ad esempio, si estende a livello europeo. Ad oggi interessa due scuole, nel nostro paese e in Spagna, ma in futuro coinvolgerà altre quattro realtà di Francia, Germania, Inghilterra e Norvegia.
L’obiettivo è duplice: da un lato rendere edotti sulla tecnologia, dall’altra permettere a chiunque di toccarla con mano, come accade nell’Innovation Center milanese di Cernusco. Lo spazio diventa un luogo d’incontro e confronto con altri clienti, associazioni e organizzazioni. Ad esempio, sono stati promossi incontri sui temi dell’architettura e del design. Sempre presso il nostro centro sono stati organizzati corsi per gli animatori digitali delle scuole, fornendo loro competenze che torneranno utili nell’attività di tutti i giorni.
A quasi un anno dall’inaugurazione dell’Innovation Center di Cernusco sul Naviglio, quali feedback avete raccolto?
Il feedback migliore è che è sempre pieno. Siamo vicini alla quota delle 5.000 persone accolte in meno di un anno. Parliamo dei visitatori più disparati: ragazzi che fanno sessioni di orientamento al lavoro, clienti che vengono a conoscere la tecnologia, rivenditori che valutano i nostro prodotti per poi inserirli nella loro offerta, software house che la testano per integrarla negli applicativi, gli animatori digitali scuole e molti altri ancora.
E per chi si trova lontano dalla Lombardia?
In questo periodo, ad esempio, abbiamo allestito dei furgoni con la tecnologia necessaria per le stampe A0 e A1, rivolta a chi si occupa di manifesti e servizi di questo tipo. Così possiamo arrivare direttamente a casa dei nostri clienti che si occupano di arti grafiche, delle realtà artigiane che altrimenti faticherebbero a spostarsi dalla propria sede.
A proposito di design, in cosa consiste il progetto che ha coinvolto gli studenti del Politecnico di Milano e come si inserisce in quest’ottica?
Si tratta di un evento che abbiamo chiamato Reinvent Obsession. Partendo dal design e dai materiali di un nostro particolare prodotto, lo Spectre, una ventina di ragazzi hanno scatenato la loro fantasia per reinventare oggetti di uso quotidiano come un paio di occhiali o dei gioielli.
Quali risultati avete raccolto?
Innanzitutto una partecipazione molto attiva da parte dei ragazzi, supportati dal designer Fabio Novembre e dal prof. Francesco Zurlo. Ne sono uscite delle idee stimolanti dal punto di vista creativo. Per noi l’obiettivo, che va oltre la nostra natura di azienda che vende tecnologia informatica, è quello di contribuire a livello locale alla formazione di competenze e capacità, anche in collaborazione con le scuole. In questo caso, il focus è stato posto sulla curiosità e sulla creatività. I progetti sono poi stati esposti al Mudec nella serata finale.
Tornando ai progetti di formazione, quali sono gli obiettivi finali di queste iniziative?
Nel caso specifico dell’istituto Pio XI, l’obiettivo è molto concreto: nel mercato delle arti grafiche la transizione da un mondo esclusivamente analogico a uno digitale è ormai un dato di fatto ed è nostro interesse educare e creare competenze sia nelle aziende del settore che investono sulla nostra tecnologia sia in chi andrà direttamente a utilizzare le macchine, così che le possa sfruttare al meglio.
Possiamo dire che HP funge in qualche modo da mediatore tra l’azienda che necessita di personale preparato e le persone da formare? Vi inserite per colmare questo gap?
Sì, il nostro ruolo è quello di catalizzatore. Da una parte offriamo in modo standard la formazione a chi già opera nel settore, dall’altra guardiamo avanti investendo sulle generazioni futuro, su coloro che si affacceranno al mondo delle arti grafiche. Bisogna pensare in grande.
In quest’ottica si inseriscono l’investimento realizzato per l’istituto Pio XI e i suoi collegamenti con i nostri centri di ricerca. Così gli studenti avranno modo di affacciarsi sul mercato del lavoro al termine di un percorso in cui non solo hanno appreso i principi tradizionali dell’arte grafica analogica, ma anche quelli del mondo digitale, lavorando in prima persona su macchine reali e recenti.
Stampa 3D (↑)
Stiamo parlando esclusivamente di tecnologie legate alla stampa?
Per quanto riguarda l’iniziativa del Pio XI sì, mentre se consideriamo quella messa in campo a Milano con il Collegio San Carlo mira a portare l’istituto in una rete internazionale attraverso la quale apprendere in modo condiviso, con altre scuole in Inghilterra, Francia, Spagna, Norvegia e Svezia che dispongono esattamente della stessa struttura, così da poter scambiare materiali e competenze. In questo caso abbiamo chiamato il progetto Reinvent the Classroom, un’aula in cui sperimentare il concetto di Blended Reality, che mischia reale e virtuale.
La collaborazione è uno dei concetti chiave del programma. Lo dimostra la natura della macchina Sprout, pensata per interagire in modo naturale con un operatore remoto, acquisendo qualsiasi oggetto reale e creandone una copia virtuale. Tutto questo senza dimenticare che l’aula è pienamente funzionale anche a livello locale e indipendente. Altre dotazioni sono rappresentate dalle stampanti 3D, da computer e da una stampante a colori con tecnologia avanzata. Il comparto software è curato grazie alla collaborazione con Microsoft.
In tema di stampanti 3D, finora si è parlato molto delle loro potenzialità, ma senza forse vederne impieghi concreti. Come si pone HP nei confronti di questa tecnologia?
La stampa 3D, in sé, non è una novità: esiste da trent’anni. Il fatto che ancora oggi il suo impiego sia piuttosto limitato è dovuto principalmente a tre fattori: la velocità ridotta che impedisce di utilizzarla per le produzioni in serie, la qualità dell’oggetto finito in termini risoluzione e resistenza alle sollecitazioni, nonché il costo del materiale.
Noi abbiamo portato sul mercato da qualche mese una tecnologia che pensiamo possa in qualche modo superare questi ostacoli. Si tratta di un sistema chiamato PageWide che, in termini di velocità offre una capacità produttiva pari a circa dieci volte quella dell’estrusione di filamenti. Il funzionamento è complesso, ma si può così sintetizzare: si immagini un piano di lavoro e una prima testa larga quanto il piano stesso, che muovendosi sull’asse verticale deposita uno strato di polvere, mentre una seconda testa si sposta lungo quello orizzontale depositando un liquido in corrispondenza della sezione dell’oggetto da creare. Questo inchiostro verrà poi attivato dal calore emesso da una serie di resistori, fondendo la polvere e dando vita alla sezione.
Il vantaggio, in termini di velocità, è che ad esempio con una stessa lavorazione si possono creare decine di ruote dentate anziché una sola, impiegando lo stesso tempo. In termini di resistenza, ogni layer può avere spessore pari a 1/8 quello di un capello, dunque si raggiunge una densità del materiale tale da poter sollevare un’automobile con un singolo anello creato in mezz’ora. Infine, il materiale non fuso viene interamente recuperato, riducendo così considerevolmente il costo finale.
A chi è destinata questa tecnologia?
È una macchina lunga circa tre metri e larga oltre un metro, destinata dunque all’ambito professionale: aziende o centri servizi. Per ora, ad esempio, la sta utilizzando BMW.
A questo proposito vorrei sottolineare che HP ha scelto di non sviluppare in maniera esclusiva il materiale da impiegare per la stampa in tre dimensioni, ma di fornire le linee guida ai produttori per realizzarne e commercializzarne di propri, compatibili con la macchina. L’azienda si riserva poi il processo di certificazione. Così si crea un modello di business aperto, in cui tutti possono beneficiarne, noi in primis incassando delle royalty e il cliente disponendo di una scelta più ampia.
Mobile (↑)
Considerando il MWC alle porte, c’è qualche novità HP all’orizzonte per quanto riguarda il mobile?
L’invito è quello di fermarsi allo stand HP del Mobile World Congress, dove mostreremo cosa permette di fare la nostra tecnologia attraverso la piattaforma Windows, soprattutto per quanto riguarda la convergenza tra PC, smartphone e notebook.
Stiamo parlando di Continuum?
Esatto. Per un’azienda come HP che ha una lunga esperienza nel mondo business e opera ormai da tempo anche in ambito consumer, Continuum rappresenta ciò che mancava per unire l’universo mobile a quello PC, garantendo il massimo della sicurezza.
Che risposta avete ottenuto con Elite x3?
Una risposta importante soprattutto laddove non ci aspettavamo, ovvero tra coloro che semplicemente cercano un dispositivo con sistema Windows 10. Questo nonostante HP abbia introdotto Elite x3 come il punto di connessione tra un telefono e un computer. Questo è forse anche il frutto di un impegno meno attivo da parte di Microsoft per quanto riguarda il segmento smartphone. Ci sono poi molte realtà che stanno sperimentando le funzionalità di Continuum.