La disinformazione, la bot-politica, la privacy. L’inventore del Web, Tim Berners-Lee, ha individuato tre problemi che vanno affrontati e se possibile risolti prima che contamino a tal punto la Rete dal renderla completamente diversa dai principi che l’hanno fondata quasi trent’anni fa. La prescrizione consta di alcune diverse ricette.
Dall’angolo visuale del consorzio W3C, l’associazione che da anni si occupa di promuovere standard e consapevolezza per la tripla W, il fondatore ha scattato una polaroid della Rete, piuttosto dettagliata eppure semplice, che si conclude con una morale decisamente in controtendenza: chiudere il punto cieco di Internet rappresentato dal modello in cui hanno imperversato finora gli OTT come Google e Facebook, quello che parte dalla quantità enorme di dati prodotti dall’attività di navigazione e poi arriva a scopi politici. L’ingegnere, oggi 61enne, che nel 1989 creò il protocollo è molto schietto nel suo articolo ripreso dal Guardian:
Per molti versi, il web ha fatto quello che mi ero immaginato, anche se mantenerlo aperto è stata una lotta costante. Però nell’ultimo anno ho iniziato a preoccuparmi sempre più di tre nuovi trend, che secondo me dovremmo fermare per poter permettere al web di raggiungere il suo vero potenziale di servizio all’umanità.
Tim Berners-Lee calls for tighter regulation of online political advertising https://t.co/fvOepoiL1i
— The Guardian (@guardian) March 12, 2017
Dati, pubblicità, politica
Berners-Lee non ha bisogno di dilungarsi più di tanto nella descrizione dei tre problemi che individua, essendo abbastanza noti, ma racconta molto bene come si susseguono e sono intrecciati. Il primo è il controllo dei dati: abbiamo imparato a non desiderarne il controllo perché lo scambiamo per servizi gratuiti.
Concedendo l’uso dei nostri dati perdiamo i benefici che potremmo avere se ne avessimo il controllo, decidendo quando condividerli e con chi.
Passaggio logico: i dati appartengono ad altri, sono preziosi per la pubblicità, quest’ultima è tanto più efficace quanto più è in target, quindi i siti, i social specialmente, ritagliano ciò che vediamo cercando il più possibile di mantenerci in una bolla di conforto nella quale siamo più radicalizzati e fragili.
Le fake news sono sorprendenti, scioccanti, costruite per farsi notare e per spargersi come le fiamme di un incendio; attraverso la scienza dei dati e eserciti di bot, queste cattive intenzioni possono fregare il sistema e spargere disinformazione per fini economici o politici.
Terzo e ultimo passaggio: la politica ha imparato, dopo alcuni anni, a sfruttare questi big data per comunicare aggressivamente senza preoccuparsi della coerenza, dato che i filtri e il desiderio di conferme ostacolano statisticamente la possibilità di accorgersi di una propaganda non veritiera.
Le pubblicità profilate consentono ai campainers di sostenere cose in conflitto tra loro a gruppi diversi. È un metodo senza etica. È una cosa democratica?
Soluzioni
In questo web in cui siamo finiti, alle prese con società ultracapitalizzate dal potere mediatico immenso, legioni di haters e persone che cascano piedi e mani nei complottismi più stupidi, legislazioni nazionali che faticano a ragionare su queste tematiche senza incappare in soluzioni censorie e limitate, cosa si può davvero fare, concretamente? Sir Tim Berners-Lee propone alcune ricette:
- Data pods. Bisognerebbe collaborare ancora di più con le OTT per costruire sistemi in cui gli utenti decidano di volta in volta quanti e quali dati condividere e cedere.
- Micropagamenti, abbonamenti. Il modello che ha sviluppato enormemente Google e Facebook ha dei risvolti negativi: non si può certo chiedere alle aziende di rinunciare al fatturato, ma si dovrebbero promuovere modelli alternativi di pagamento.
- Algoritmi trasparenti. Abbiamo bisogno, secondo il creatore del World Wide Web, di responsabilizzare la scrittura degli algoritmi, poiché sono alla base di decisioni che le persone prendono autonomamente ma che in realtà sono guidate da logiche opache. Trasparenza e condivisione di principi comuni.
- Chiusura del punto cieco. Siamo in totale assenza di regolamentazione delle campagne politiche online. C’è stato il trasferimento tecnologico ma non quello delle regole, che nel mondo materiale esistono da decenni.
Who are the people that get so angry online? Meet the internet warriors, in their own homes https://t.co/AhlvMsSr3n pic.twitter.com/86p8JMOGBo
— The Guardian (@guardian) March 10, 2017