Momento difficile per GameStop, di recente già protagonista di un’accesa discussione riguardante la pratica Circle of Life che spingerebbe i commessi a mentire per incrementare le vendite dell’usato e dei pre-ordini. Nel fine settimana è arrivato l’annuncio della chiusura di 150 punti vendita entro la fine dell’anno (su un totale pari a 7.500 distribuiti in 14 paesi). Una decisione difficile, che si inserisce in un’ottica più ampia di ristrutturazione aziendale avviata ormai da qualche anno.
Le cause sono da ricercare innanzitutto in un radicale cambiamento che sta interessando il mondo del gaming: sempre più giocatori si affidano all’acquisto delle copie digitali dei titoli, forzando così il declino del supporto fisico. Nel trimestre concluso a fine gennaio è stata registrata una flessione nelle vendite software pari al 19,3% e in quelle hardware addirittura del 29,1%. Ribassi preoccupanti, soprattutto se si considera la concomitanza delle festività natalizie e il lancio di piattaforme come il restyling Slim di PlayStation 4, la sua variante Pro e il visore PlayStation VR per la realtà virtuale. Anche la forte concorrenza praticata con sconti, offerte e promozioni ad hoc da catene come Amazon, Walmart, Best Buy, Toys R Us e Target ha contribuito.
Male anche i titoli AAA. A questo proposito, GameStop non cita alcun titolo specifico, ma facendo riferimento all’incontro convocato da Activision a febbraio con gli investitori emerge che un gioco come Call of Duty: Infinite Warfare ha deluso. Le vendite di copie fisiche per lo sparatutto, a novembre, sono scese del 50% rispetto a quanto fatto registrare dal predecessore Black Ops 3 nello stesso mese del 2015.
L’annuncio non è passato inosservato in borsa, dove le azioni della società hanno perso di colpo il 13% (-30% in un anno). Nonostante tutto, il gruppo ha confermato l’intenzione di aprire 35 negozi dedicati principalmente all’oggettistica da collezione e 65 Technology Brand Stores, questi ultimi in collaborazione con operatori come AT&T e Cricket Wireless.