Per la prima volta al mondo un Tribunale ha riconosciuto la correlazione tra uso del cellulare ed effetto cancerogeno. Il caso è tutto italiano e la sentenza arriva dal Tribunale di Ivrea, dove il giudice Luca Fadda ha riconosciuto il nesso causale fra l’utilizzo errato del cellulare e l’insorgere del tumore. La vicenda riguarda un dipendente di Telecom Italia, Roberto Romeo, che 7 anni fa aveva scoperto di avere un tumore benigno al cervello (neurinoma dell’acustico) che ha portato ad una situazione invalidante in quanto, per curare la malattia, è stato necessario asportare il nervo acustico dell’orecchio destro con conseguente parziale perdita dell’udito.
Il protagonista di questa storica sentenza spiega che per 15 anni ha dovuto utilizzare moltissimo il cellulare, anche per 3-4 ore al giorno, senza auricolare, in quanto spesso in movimento per lavoro. Con il passare del tempo Roberto Romero ha iniziato a provare dei fastidi all’orecchio, una sorta di sensazione di orecchie tappate. In un primo momento aveva pensato ad una banale infezione ma poi, nel 2010, la scoperta choc: il carcinoma. La sentenza del Tribunale di Ivrea ha disposto che al lavoratore della Telecom Italia vada una rendita vitalizia da malattia professionale di circa 500 euro al mese che sarà in capo all’Inail.
Il Tribunale, infatti, ha riconosciuto un danno biologico permanente del 23%. La sentenza, come prevedibile, ha fatto rapidamente discutere ed ha riaperto il dibattito sul nesso tra l’uso dei dispositivi wireless come i cellulari e l’insorgere dei tumori. Un tema delicatissimo che vede sulla bilancia molte perizie a favore ed altrettante a sfavore. Ancora non ci sarebbero dati certi, infatti, sull’effettiva pericolosità dei cellulari, sebbene da più parti si sia ormai imposto un principio di cautela che sfocia nel consiglio all’uso di auricolari per ridurre drasticamente i possibili danni.
L’OMS ha classificato il rischio relativo alle radiazioni dei cellulari con l’etichetta “2B“. Questa definizione significa che un agente è “possibilmente cancerogeno“, il che indica una possibilità non ancora sufficientemente dimostrata o dimostrabile. Il principio di cautela è ciò che estende tale ipotesi nella direzione del danno potenziale, suggerendo misure di prevenzione senza tuttavia delineare responsabilità chiare ed oggettive.
Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Salute, infatti, la casistica è estremamente limitata e gli effetti deleteri sul corpo umano sono da valutarsi soltanto nel lungo periodo. Questo significa che i dati oggi a disposizione non possono ancora essere sufficientemente attendibili e che quindi il problema debba essere studiato nel lungo periodo. Il tribunale si è trovato però a dover decidere oggi, per un caso già avvenuto, e la decisione deve avvenire sulla base della letteratura scientifica odierna.
Nessuna certezza, dunque, ma nemmeno l’esclusione che i cellulari siano del tutto innocenti. Al momento, dunque, l’unica accortezza possibile è quella di utilizzare il cellulare con alcune semplici regole, come sfruttare il più possibile gli auricolari e preferire i messaggi alle telefonate, ampliando le cautele soprattutto nei pressi delle donne in gravidanza e durante l’allattamento. Piccole precauzioni che alla lunga potrebbero fare la differenza.
La sentenza del Tribunale di Ivrea non interviene nel giudizio clinico del caso, né sulle valutazioni dell’OMS o di altri enti: semplicemente fotografa il caso cercando di darne una lettura al fine di identificare eventuali responsabilità. E secondo il giudice il principio di cautela deve ormai valere anche sul posto di lavoro: l’auricolare diventi abitudine, poiché in caso contrario ci si sottopone ad un rischio che nessuno ad oggi è in grado di escludere.