Pochi giorni fa, il 29 aprile, il 31esimo anniversario del più grave disastro nucleare della storia: l’esplosione della centrale di Chernobyl, situata nella parte settentrionale dell’Ucraina. Oggi si torna a parlarne per via di un’iniziativa che intende riportare in vita l’area, con un progetto che mira all’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia pulita da una fonte sostenibile e rinnovabile come il sole.
L’obiettivo è quello di arrivare a produrre fino alla metà dell’energia un tempo generata dal reattore nucleare. Si tratta dell’unico modo per rendere produttiva la zona, poiché a causa della devastazione causata dalle radiazioni risulta ancora oggi impossibile praticare qualsiasi tipo di coltura o attività umana di altro tipo e così sarà per qualche altro centinaio di anni. Al tempo stesso, l’infrastruttura un tempo dedicata alla rete elettrica è rimasta pressoché intatta e, sebbene necessiti di inevitabili opere di ristrutturazione, potrà essere sfruttata per la distribuzione dell’energia alle utenze sul territorio circostante, andando così a ridurre l’attuale dipendenza dalla fornitura russa, resa complessa anche a causa delle crescenti tensioni tra i due governi.
L’annuncio del progetto è arrivato lo scorso anno, con il ministro Ostap Semerak intenzionato a posare pannelli per una potenza installata complessiva pari in un primo momento a 4 MW. L’obiettivo finale è però ben più ambizioso: arrivare a 1 GW. Per raggiungerlo saranno necessari investimenti da 1,1 miliardi di dollari. Il primo passo è stato compiuto grazie all’interessamento di una joint venture ucraino-tedesca che ha messo a disposizione 1,1 milioni di dollari, puntando a inaugurare un impianto da 1,5 MW entro fine mese. Stando a quanto affermato da Semerak, 50 realtà (13 internazionali) hanno già mostrato interesse per fare altrettanto.
Le operazioni non saranno però semplici, in primis per il fatto che il personale umano può restare nell’area solo per un ridotto periodo di sicurezza, a causa della già citata presenza di radiazioni che ancora oggi possono costituire un pericolo per la salute. L’iniziativa ha comunque un forte valore, anche simbolico, poiché può essere interpretata come l’opportunità per sperimentare nuove forme di approvvigionamento energetico, anche laddove si è verificata la più grande e grave tragedia dei tempi moderni.