Il verde non è un colore qualunque. Oggigiorno lo si associa ai concetti di natura, ambiente e sostenibilità, ma anche alla giovinezza, alla speranza e alla gratuità. Non è però sempre stato così. Il verde, in un certo senso, è il colore che più di ogni altro è stato interessato da un’evoluzione nelle modalità di utilizzo e interpretazione. Michel Pastereau e Dominique Simonet, ne “Il piccolo libro dei colori”, lo definiscono in questo modo:
… un colore pericoloso, la cui vera natura è l’instabilità.
Il verde
Questa caratteristica del verde è attribuibile, storicamente, alla difficoltà di ottenerlo chimicamente in modo da garantirne la fissità cromatica nel tempo. Le tinte in passato impiegate per i tessuti, così come le mescolanze usate in pittura, erano ricavate da fogliame o vegetali facili da reperire, ma ben presto soggette a un’azione deteriorante della luce e degli agenti atmosferici. Anche la fotografia ne ha risentito: nelle pellicole a colori utilizzate fino agli anni ’70 del secolo scorso il verde era il primo a sparire col passare del tempo. Un carattere di volubilità che ha portato ad associare questa particolare tinta a tutto ciò che è incerto e discontinuo, compresa l’imprevedibilità della buona sorte: non a caso i tavoli dei casinò sono verdi, così come le prime banconote coniate oltreoceano tra il XVIII e il XIX secolo. Tutto questo senza dimenticare il nesso tra il verde e il pericolo (serpenti, veleno), ma anche tra il verde e la chimica o la farmacologia.
Dove ha origine, dunque, l’associazione tra il verde e la natura? E tra il verde e il concetto di rassicurante? Sempre facendo riferimento alla ricostruzione proposta da Pastereau e Simonet, non è cosa recente: fino ai secoli scorsi era infatti comune rappresentare la natura attraverso i suoi quattro elementi base: fuoco, aria, acqua e terra, nessuno dei quali identificabile con il verde. Solo il latino, con il termine viridis, suggeriva un legame tra l’aspetto di tutto ciò che è vegetazione e la virilità, la vigorosità. È probabile che un’accezione più vicina a quella attuale del colore risalga alle prime scritture religiose, dove i luoghi verdeggianti (si pensi al giardino dell’Eden, ma anche alle oasi dell’Islam) erano caratterizzati da pace e quiete.
Pantone: Greenery 15-0343
La società contemporanea ha dunque attuato una sorta di rivalutazione del verde, arrivando a renderlo strumento universalmente riconosciuto per veicolare un messaggio ben preciso: natura, ecologia e sostenibilità. Pantone, realtà che si occupa della catalogazione dei colori e della loro standardizzazione, lo ha nominato colore dell’anno 2017, in una particolare tinta caratterizzata da una forte componente di giallo: il Greenery 15-0343.
In tricromia (RGB) lo si ottiene attribuendo ai canali i valori 136-176-75, mentre in quadricromia (CMYK) si trova in corrispondenza dei valori 51-9-88-0. La scelta di Pantone fotografa dunque il compimento di un’evoluzione, pone l’accento su un cambiamento in atto che interessa non solo il mondo della grafica, ma più in generale tutto ciò che ha a che fare con il trend sustainable: dall’energia alla mobilità, senza dimenticare il panorama hi-tech.
Spesso associato con l’ambiente e la natura, Greenery è riconducibile anche a temi comuni nei campo della tecnologia e dell’innovazione, grazie alla sua associazione con l’audacia, il vigore e la modernità. Molte nuove applicazioni, animazioni, iconografie e startup digitali esprimono la loro energia utilizzando questa efficace gradazione di verde, capace di attirare l’attenzione, nei loro loghi.