Il gruppo di Mountain View interviene con un post (pubblicato sul blog ufficiale e sul Financial Times) in cui si affronta un argomento delicato come quello del terrorismo in Rete. Un tema già toccato diverse volte, più che mai attuale considerando i tragici avvenimenti che purtroppo si verificano con regolarità in ogni parte del mondo. Google lo approccia anzitutto attraverso un’assunzione di consapevolezza e responsabilità.
Noi, così come altre realtà, stiamo lavorando ormai da anni per identificare e rimuovere contenuti che violano le nostre policy. La verità scomoda è però che noi, come industria, dobbiamo riconoscere l’esigenza di fare di più. Ora.
Serve dunque un maggiore sforzo, collettivo, per estirpare la piaga del terrorismo online. Le iniziative messe in campo fino ad oggi si sono rivelate in alcuni casi efficaci, ma non a sufficienza. Ci si trova dinnanzi una nuova sfida e servono nuovi strumenti. Il colosso californiano è pronto a impiegare un nuovo, molteplice approccio. Anzitutto, verrà intensificato l’utilizzo delle tecnologie sviluppate al fine di identificare video con contenuti riconducibili alla propaganda terrorista. Un’operazione delicata, poiché un algoritmo potrebbe incontrare difficoltà nel distinguere una clip condivisa online al fine di promuovere ideali estremisti da un’altra che invece analizza il fenomeno a scopo informativo, ad esempio un reportage o un approfondimento giornalistico. Un team di ingegneri è al lavoro su sistemi di questo tipo, basati sulle enormi potenzialità del machine learning.
Restando nell’ambito di YouTube, Google annuncia l’ampliamento del team Trusted Flagger, formato da esperti indipendenti che prenderanno in considerazione le segnalazioni inoltrate dal sistema d’analisi automatico per valutare se è il caso di rimuovere un contenuto o meno. Fanno parte dell’iniziativa esponenti di 63 organizzazioni non governative da tutto il mondo.
Il colosso di Mountain View sceglie inoltre di adottare una linea severa nei confronti dei contenuti che, pur non violando in modo esplicito le policy del servizio, includono contenuti riconducibili all’estremismo religioso, al razzismo o ad altre posizioni discutibili. Su YouTube, la loro riproduzione sarà anticipata da un avviso e le clip non potranno generare profitti dalla visualizzazione delle inserzioni pubblicitarie. Secondo bigG, un metodo di questo tipo costituisce un equilibrio soddisfacente tra la volontà di garantire la massima libertà di espressione e l’esigenza di non promuovere posizioni da alcuni ritenute offensive o lesive.
Infine, è prevista un’intensificazione del programma Creators for Change messo in campo in collaborazione con Jigsaw, che attraverso il Redirect Method individua l’advertising potenzialmente indirizzato a siti che promuovono gli ideali dell’ISIS, talvolta cercando nuove reclute, rimbalzando i navigatori su video o siti che invitano a una riflessione sul fenomeno del terrorismo. La sperimentazione condotta fino ad oggi ha restituito risultati al di sopra delle aspettative: oltre mezzo milione di minuti di filmati riprodotti partendo da ricerche di contenuti filo-terroristici.
Come dimostrano queste nuove iniziative, che nello specifico riguardano YouTube, Google intende affrontare il problema di petto, adottando un approccio diversificato: tecnologia e fattore umano, insieme, contro la piaga del terrorismo online.
L’azienda annuncia inoltre l’intenzione di coinvolgere realtà del calibro di Facebook, Microsoft e Twitter nell’organizzazione di un forum internazionale in cui discutere del tema.