Il lancio della formula di abbonamento Go avvenuto lo scorso anno e la serie di documentari dedicata ai talenti emergenti che debutta proprio in questi giorni potrebbero non essere sufficienti a garantire la sopravvivenza di SoundCloud. La piattaforma di streaming musicale, che di recente ha deciso di licenziare il 40% della propria forza lavoro chiudendo due uffici a Londra e San Francisco, vede il proprio futuro a rischio, in grave pericolo.
Un portavoce del gruppo ha comunicato alla redazione del sito TechCrunch che le casse garantiscono la sostenibilità economica del business fino al quarto trimestre dell’anno, dopodiché non è dato a sapere cosa accadrà. Non ci sono prospettive di lungo termine. Le alternative sono facilmente ipotizzabili: l’arrivo di nuovi investitori metterebbe a disposizione i fondi necessari a continuare l’attività, l’azienda potrebbe scegliere di cedere il servizio a un acquirente oppure, nel peggiore dei casi (da scongiurare), si arriverebbe alla chiusura. I pretendenti a un’eventuale acquisizione non mancano: in passato si è parlato di nomi del calibro di Google, Twitter e Spotify. Questi potrebbero salvare l’enorme archivio di brani, mix e album già online.
C’è da sperare che non si arrivi alla scomparsa di una piattaforma come SoundCloud, principalmente per due motivi: sarebbe la dimostrazione di come in un mercato pur in costante crescita come quello dello streaming musicale non ci sia spazio che per le realtà più grandi ed affermate, inoltre si tratta di una delle community più attive a livello mondiale per quanto riguarda gli artisti emergenti e le etichette indipendenti. Un vero e proprio punto di riferimento per gli artisti che non sono rappresentati dalle major discografiche, insomma. In un certo senso, SoundCloud ha raccolto l’eredità di MySpace, antesignano degli odierni social e indimenticabile lido virtuale per tutti i navigatori a cavallo tra gli anni ’90 e il nuovo millennio. Dita incrociate.